Introduzione agli aspetti psicologici nel calcio

28 dicembre 2009

Il periodo di Coverciano è stato duro perché quando ho fatto il corso nel 90, nei miei primi due anni alla guida del Piacenza, era suddiviso in due sessioni in anni diversi e cioè iniziava a fine campionato e si concludeva prima dell’inizio del campionato successivo, quindi due anni senza nessuna pausa. Però ho un bellissimo ricordo ed è stato veramente utile per ampliare la conoscenza delle materie teoriche ma anche perché tutti  i giorni, c’era un confronto dialettico sia con i docenti che con gli altri corsisti, tutti ex giocatori. Se pensate che la materia che mi ha affascinato di più sia stata la tecnica calcistica o la preparazione fisica o altre che riguardavano la sfera esclusivamente del CAMPO, vi sbagliate perché mi ha letteralmente PRESO la PSICOLOGIA. Sono stato sempre attratto da questo mondo e da chi lo studia per poterne usare le conoscenze, sviluppandole e rendendone l’applicazione utile nella vita giornaliera in tutti i settori. Ho avuto la fortuna di avere un docente veramente di grande spessore sia scientifico che umano e cioè il Prof. Vianello docente all’università di Padova e autore di libri importanti. Con lui, dopo cena, facevo delle passeggiate attorno ai campi di Coverciano e, senza porgli domande specifiche, lo ascoltavo parlarmi a ruota libera di quanto fosse importante l’essere a conoscenza di questa materia per poter fare rendere al meglio le persone che devono sottostare al tuo comando. Sempre, anche da giocatore, ho cercato di conoscere prima me stesso e poi tutte le persone che facevano parte del mio ambito lavorativo attraverso i loro comportamenti a seconda delle situazioni che si creavano. Ho provato su di me atteggiamenti e comportamenti svariati per scoprire quale effetto avrebbero prodotto nella situazioni che si creavano. Ho sempre dato grande importanza a questo aspetto perché, essendo stato leader, ho compreso quanto fosse determinante la scelta giusta nelle varie situazioni, soprattutto quelle difficili, in cui si poteva determinare il raggiungimento o no di un obiettivo importante. Da uno dei libri del Professore ho provato, nei miei 2 primi ritiri precampionato, il SOCIOGRAMMA e cioè un sistema inventato da lui per capire il leader della squadra , i sotto leader e se c’era qualcuno escluso dal gruppo. Devo dire che ho usato questo metodo più per avvalorare quelle che erano le mie valutazioni fatte senza il metodo, perché è importante che l’allenatore abbia la qualità di saperlo fare d’istinto con le proprie qualità e esperienze. Oggi più di prima il fattore PSICOLOGICO, sopratutto in uno sport di gruppo, ma in un contesto così difficile come quello del nostro calcio, diventa preponderante per la migliore riuscita delle prestazioni e quindi dei risultati. E’chiaro che il contesto sociale è cambiato e i soggetti con cui ti devi confrontare sono diversi, certamente non puoi fare quello che ha fatto con me Mister Silvestri (detto Sandokan), nel 69 quando mi allenavo con la prima squadra, in campo mi diceva che ero un manovale del pallone e che dovevo andare a lavorare, poi andava in sede e diceva che ero uno dei migliori giovani difensori . Quando, anni dopo, l’ho rivisto e gli ho chiesto il motivo, lui mi ha risposto che se non fossi stato capace di reagire a quelle invettive come potevo farlo in uno stadio di 40000 spettatori. Come ho detto questi metodi non sono più utilizzabili ma la sostanza alla fine è la stessa, sono sempre più convinto che il sistema deve cambiare, i giocatori non vanno sempre difesi e protetti perché sono un capitale, bisogna avere la forza di responsabilizzarli specialmente nelle difficoltà, bisogna fare TORNARE e insegnare soprattutto, il significato di GRUPPO, dei valori e i principi che deve avere e che lo sostengono. L’individualismo non deve fare parte del calcio, avendo contratti lunghi devono sapere cosa vuol dire AZIENDALISMO,devono rispettare sia chi li paga sia chi spende per vederli sul campo con prestazioni sempre ad altissimo livello PSICO-FISICO e si accorgerebbero che non sarebbero criticati per errori tecnico tattici, il tifoso vuole vedere l’attaccamento alla maglia (non baciandola e basta). Queste cose fanno parte della mia strategia iniziale dell’approccio psicologico con il gruppo. Poi cerco di comprendere, il più velocemente possibile, la singola personalità per riuscire a farla convivere con le altre e riunirle per affrontare lo scopo comune. Oggi la difficoltà più grossa è che arrivano a fare i professionisti molto presto e hanno una grande preparazione fisica ma difficilmente trovi giovani pronti PSICOLOGICAMENTE alle situazioni di stress che il calcio moderno comporta. Vengono VIZIATI e non istruiti alle dure leggi della notorietà e molti si perdono alle prime asperità. Questa è stata una prima introduzione ad un argomento che ha mille risvolti e che potremo sviluppare meglio con le vostre curiosità specifiche.

Gigi Cagni