come fermare l’avversario per ripartire

9 febbraio 2014

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Il motivo per cui ho trattato l’argomento dell’ 1 contro 1, per la fase difensiva, prima di quello tattico è perché, e lo dimostrano i fatti ogni partita dei vari campionati, senza avere quelle qualità singole la parte di tattica specifica non può essere fatta al meglio.
Se venisse applicata nel modo giusto non vedremmo difensori che indietreggiano sino dentro l’area, o che permettono il tiro da fuori (vedi Strootman con il Napoli in Coppa) o che si girano quando l’avversario sta per tirare.
Non vedremmo, in modo così facile, attaccanti in area soli e indisturbati al tiro, di testa o di piede.
Detto questo e supponendo che i giocatori sappiano e siano in grado di applicare gli insegnamenti dell’1 contro 1, vi illustro come, secondo il mio credo nella fase difensiva, faccio applicare la tattica di squadra.
Chi ha visto l’esposizione degli schemi di gioco all’inizio del mio Blog e del modo di interpretarli, saprà quello che sono i miei principi di squadra nella fase difensiva.
Comunque farò un’esposizione completa e quindi un ripasso.
Partiamo dal principio che fin che l’avversario è nella sua metà campo la squadra si muove in riferimento alla palla.
Quindi, sempre ,con diagonali e coperture di c.c. e difensori con gli attaccanti che devono indirizzare l’avversario verso l’esterno, ecco cosa intendo quando parlo di attaccanti come primi difensori (anche loro dovrebbero stare sempre in piedi, non girarsi sulle finte di calcio e imparare il contrasto, è solo un vantaggio loro perché prima conquisto la palla più vicino sono alla porta avversaria).
Quando la metà campo viene superata , voglio la pressione sul portatore di palla (contro 1 dei c.c.) con i difensori mai in linea se non quando la palla è coperta e siamo sicuri che l’avversario non ha possibilità di visione del gioco, altrimenti se gli attaccanti sono 2 , due difensori marcano e uno si stacca (a zona naturalmente) se sono tre , tre marcano e uno si stacca.
Come ho già detto la mia filosofia è che, se ho la squadra più debole o se vedo che ho problemi nei singoli difensori, gioco con un sistema che mi da sempre un uomo in più nella linea difensiva in riferimento al numero di attaccanti.
Solo se i miei due centrali sono bravi marcatori e uno dei due è veloce, accetto la parità numerica.
Il fuorigioco lo voglio solo in tre casi.
Il primo se faccio il pressing sull’esterno (pressing è quando c’è più di un giocatore ad aggredire l’avversario con le spalle girate alla porta) e quindi la linea difensiva viene in avanti e accorcia velocemente fino alla conquista della palla o di avere fatto un fallo tattico.
Il secondo quando si è in inferiorità numerica e solo negli ultimi 30m. (prima non ha senso perché ci dovrebbe essere il tempo per qualche giocatore di recuperare la posizione e quindi non avere l’inferiorità).
Il terzo in uscita dopo la respinta sulle palle inattive in area.
Altrimenti non voglio, anzi, come ho detto sopra voglio sempre la copertura che vuol dire un “uomo” che si stacca a protezione della linea di chi, in quel momento, sta marcando.
Detto questo l’uomo, invece della palla, viene ad essere l’obiettivo primario quando si è negli ultimi 20m perché non c’è più il tempo di fare coperture o scalare.
Ho fatto il difensore centrale per tanti anni e la sensazione primaria che dovevo avere era di non vedere il buco in mezzo davanti a me e quindi, quello spazio, deve essere sempre coperto.
Altra cosa che dico ai miei giocatori è “ l’impressione cromatica” che vuol dire che devo sempre avere l’immediata sensazione di vedere più spiccato il colore della mia maglia che non dell’avversario.
Se ci provate capirete cosa voglio dire.
In un centesimo di secondo vedi se sei in superiorità o inferiorità e, poi, capisci di quanto ma, intanto, ti allerti e sei costretto a velocizzare il ragionamento di come distribuire la parte tattica di difesa (è un concetto non facile da spiegare ma semplicissimo da applicare).
Finisco dicendo che è determinante avere il portiere e, almeno, un difensore centrale che “comandino” parlando continuamente.
Quando mi danno del difensivista mi viene da ridere perché non capiscono, certamente non vedono le mie squadre sul campo, che tengo la fase difensiva in grande considerazione per il fatto che cerco di rimanere più corto possibile e il più lontano possibile dalla mia porta.
Difficilmente si vedono le mie squadre che indietreggiano in area, a meno che costrette dalla bravura dell’avversario (allora subentra l’allenamento specifico dell’ 1 contro 1 in area).
Mi rivolgo ai miei colleghi: “volete difensori ottimi nella costruzione, ma fate più bella figura se siete organizzati in fase difensiva e prendete pochi gol, piuttosto che bravi a fare partire l’azione da dietro”.
Finisco dicendo che, come in tutte le situazioni di gioco, se non sei concentrato e non hai la carica agonistica giusta compresa la condizione fisica, ogni applicazione singola o di tattica generale non può avere successo.
Certo che il massimo è avere difensori bravi a fare tutti e due le cose ma è meglio iniziare dal difendere bene e poi imparare a costruire che il contrario, anche perché altrimenti il contrario è quasi impossibile da realizzare al meglio.

Gigi Cagni


Le mie regole nell’1 contro 1

17 gennaio 2014

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Facciamo che riassumo quello che ho scritto fino ad ora sui difensori e la fase difensiva visto che, in Italia, si va sempre peggio.

Facciamo che simulo, come altre volte, di prendere una squadra e di insegnare i miei principi.

Senza riparlare della condizione fisica (determinate in tutti i ruoli ma in quello del difensore ancor di più per quello che dirò), la prima cosa che faccio è portare OGNI giocatore (sì, anche gli attaccanti, in modo diverso naturalmente) a capire l’importanza di avere sicurezza e serenità nell’uno contro uno che ti porta, di conseguenza, a non indietreggiare e a temporeggiare quel tanto che basta.

Apro una piccola parentesi, siccome mi danno del difensivista perché parlo di fase difensiva spesso, non capiscono, e non si accorgono, che io mi difendo a 30 metri dalla mia porta e in area ci finisco solo se la bravura dell’avversario mi costringe a farlo.

Non voglio vedere la mia linea difensiva, mai in linea, che indietreggia.

Superata la metà campo l’avversario con la palla deve essere aggredito.

La conseguenza è che recupero la palla a 30-40 m dalla mia porta, così, non solo ci saranno meno pericoli, ma sarò anche più vicino alla porta avversaria.

Non posso vedere due cose nei nostri campionati, di tutte le categorie: la prima, che i difensori indietreggiano fino a portare gli avversari in area prima di intervenire e, la seconda, che su ogni cross su azione o da palla inattiva, ci sono avversari soli in area.

Detto questo è chiaro che le prime doti del buon difensore e del c.c difensivo siano quelle di: rapidità, attenzione, carica agonistica “difensiva” (si distingue perché devi avere la convinzione assoluta che l’avversario non ti dribblerà e che il contrasto sarai tu a vincerlo, il contrasto infatti prima si vince con il cervello e poi con il corpo) e la conoscenza della “tecnica” specifica di come si affronta l’avversario.

Non sto a specificare la posizione del corpo, sempre su un fianco e mai diritta e con il “compasso stretto”, quando ci si prepara alla marcatura perché varia a seconda del ruolo, ma mi soffermo su cosa bisogna fare quando si deve contrastare.

La prima cosa, come ho detto prima, è essere concentrati e cattivi guardando “la palla”, mentre si fa questo ci si deve avvicinare al più presto all’avversario e fermarsi con compasso stretto e corpo leggermente curvo per dare più forza all’azione ma, soprattutto, per non essere sbilanciati se toccati duro.

Fatto questo, quando decidi di “entrare” il peso del corpo deve andare tutto sull’arto che fa il contrasto e , cosa determinante, non calciare ma rimanere fermo con il “piatto” e spostare il peso del corpo sia sul piede ma anche verso l’avversario mantenendolo di fronte.

Questo, naturalmente, è il contrasto frontale per eccellenza e lo so che ci sono quelli scivolati e di lato ma, secondo me, se ci si muove bene non ci si deve trovare in situazioni di emergenza e, se accade, preferisco che il giocatore corra verso la porta in diagonale per poi contrastare di fronte che fare scivolate pericolose (o, naturalmente, avere un compagno a protezione dello spazio).

Voi direte che in area lo spazio è ristretto.

Vero ed è il motivo per cui se insegni al meglio l’uno contro uno, vedrai che difendi più lontano dalla tua porta e i difensori saranno più sereni nell’errore perché non si troveranno mai sbilanciati e potranno sempre recuperare l’errore e, in area usando lo stesso principio, difficilmente verranno dribblati.

Nel 69 ho fatto il torneo di Viareggio con il Milan, in prestito dal Brescia, finita la semifinale vinta, Nereo Rocco, presente all’incontro, nello spogliatoio mi disse: Ciò mòna ti tè sé un bravo difensor ma tè meti troppo el culo per tera” da quel giorno non ho fatto più scivolate.

Un difensore per terra che non ha preso la palla non serve più quindi, altro insegnamento, bisogna ragionare e andare per “percentuali”.

Senza questa qualità, il difensore e il c.c., non potranno rendere al meglio in tutto il resto perché daranno sempre un vantaggio all’avversario.

Questo è il primo e determinante insegnamento da dare, poi viene tutto il resto riguardante la “tattica difensiva” e quindi il posizionamento della squadra, compreso gli attaccanti e la marcatura in area sui cross e le palle inattive.

Gigi Cagni