Il Ruolo del Portiere

8 gennaio 2010

di Fabrizio Lorieri

Sin da quando ero bambino, appena terminata la giornata di scuola, il mio desiderio, come quello di quasi tutti i miei amici, era quello di ritrovarsi a giocare a pallone ovunque ci fosse uno spazio a disposizione (per strada, nei giardini, nei campi etc.), per fare una “partitina”. Partitina che poi sarebbe durata, il più delle volte, fino a sera inoltrata.
A differenza di tutti gli altri amici, però, che si accaparravano subito il pallone per fare scorribande con la sfera ai piedi, io ero quello che, per prima cosa, pensava a “costruire” la porta, con qualunque cosa fosse in quel momento disponibile: due pietre, due giubbotti, due rami d’albero, due scarpe, insomma qualunque oggetto che fosse a portata di mano. Successivamente, senza neanche discuterne, ero io quello che si piazzava in mezzo, diventando per tutti il PORTIERE.
Mi è sempre piaciuto tuffarmi di qua e di là  per abbrancare il pallone e sentirmi importanti per una parata. Mi inorgogliva il fatto che tutti mi cercavano, anche se forse lo facevano perché ero l’unico che voleva stare in porta.
Io non sono diventato portiere, come spesso accade, perché ero scarso a giocare negli altri ruoli, il ruolo di estremo difensore non è stata una soluzione di “ripiego”; io ho voluto stare in porta ed ho avuto la fortuna di riuscire a fare quello che ho sempre sognato, sin da bambino: il portiere in una squadra di serie A. Dopo 23 anni di professionismo come calciatore e le esperienze da tecnico, come collaboratore di un Mister bravo e preparato come Luigi Cagni, non posso esimermi dal parlare di questo ruolo così affascinante, in questo spazio a me dedicato.

La figura del portiere è resa così affascinante perché è quella di un individuo che, essendo l’ultimo baluardo difensivo, evoca l’eroe incurante del pericolo, che mette a repentaglio la propria incolumità ergendosi a difesa della propria squadra.
Il portiere si caratterizza subito rispetto ai suoi compagni come un qualche cosa di diverso, di speciale; innanzi tutto è l’unico giocatore che può toccare la palla con le mani, e questo lo rende completamente diverso dai suoi compagni di squadra. Proprio il fatto di poter usare le mani dà al portiere quell’unicità che invece non possono avere i suoi compagni; perfino nelle regole del gioco è scritto che ogni squadra deve scendere in campo con un portiere, mentre non si fa nessuna menzione riguardo ai compiti degli altri giocatori.
Da un punto di vista tecnico quindi le differenze tra il portiere ed il resto dei calciatori sono enormi, ma esistono anche sostanziali distinzioni su altri piani riguardanti il mondo del pallone.
Il numero 1, infatti, rispetto ai suoi compagni sviluppa abilità completamente differenti che richiedono allenamenti differenti e, quasi obbligatoriamente, un allenatore specializzato dedicato alla sua prestazione.
Questo suo isolamento, durante la settimana di allenamento, potrebbe far pensare al ruolo del portiere quasi ad una piccola disciplina interna in seno allo sport del calcio, ma la particolarità del ruolo è tale che questa condizione viene meno perché, durante la gara, pur essendo i suoi compiti e i suoi interventi completamente diversi dai compagni di squadra, le tempistiche e le modalità di tali interventi si devono sempre interfacciare con le esigenze di squadra, le situazioni particolari di gioco ed i movimenti di compagni ed avversari.
Il portiere si fa subito notare per il suo abbigliamento, diverso da tutti gli altri giocatori, perfino dagli stessi compagni di squadra, per la posizione che assume in campo, per le responsabilità ed i compiti enormemente differenti dai suoi compagni di squadra.
I suoi interventi devono essere eseguiti in tempi brevissimi, con una rapidità decisionale immediata e compiuti con la massima sicurezza. Il portiere, per riuscire ad essere un protagonista positivo, oltre a possedere una necessaria base tecnica ed una attitudine fisica al ruolo,  deve avere doti di rapidità analizzative e decisionali fuori dal comune deve quindi, per riuscire in questo intento, avere delle enormi capacità… MENTALI.
…alla prossima puntata…

LORIERI FABRIZIO


L’evoluzione del libero

16 novembre 2009

Scirea è stato uno dei più grandi in quel ruolo

Il ruolo del LIBERO era di grande importanza quando si giocava a uomo o misto e il pregio che assolutamente doveva avere era l’intuizione di come si sarebbe potuta svolgere l’azione avversaria. La sua posizione doveva essere sempre adatta per poter vedere al meglio la disposizione dei compagni e conforme a quello che era il movimento offensivo della squadra avversaria, quindi doveva possedere come seconda qualità determinante il saper COMANDARE la propria difesa. Correva molto perché doveva andare a chiudere o a raddoppiare anche sulle fasce, visto che lo stopper aveva il compito di seguire il proprio uomo. Il motivo per cui ho amato il 4-3-3 è perché molte volte, se coordinato bene, il centromediano metodista svolgeva quel tipo di lavoro di copertura permettendomi di riuscire a chiudere altri spazi importanti. Vi posso assicurare che comunque è stato divertente e di grande soddisfazione. Nella mia lunga carriera per le mie qualità di intuizione difensiva e di personalità sono riuscito a fermare tante azioni pericolose e ciò mi premiava come per aver segnato un gol. E’ chiaro che giocando con il libero staccato davi più profondità all’avversario quindi dovevi essere bravo ad accorciare o allungare, conforme a quella che poteva essere la strategia per te e per la squadra, da adottare in quel momento. La cosa era molto visibile e quindi di grande responsabilità per chi faceva quel ruolo e anche la differenza tra quelli bravi e quelli meno. Oggi il LIBERO non esiste più o quanto meno il libero che intendo io. Ci sono dei vantaggi palesi nel calcio moderno e cioè, corri meno, riesci a rimanere più corto, fai meglio il fuorigioco e partecipi di più alla fase offensiva. Mi sembra, però, che non ci siano più tanti leaders fra i centrali e difficilmente si vedono giocatori comandare e prendersi delle responsabilità. Mi sembra inoltre che manchino i principi fondamentali della fase difensiva, soprattutto dell’uno contro uno e della posizione sui cross dall’esterno, per mancanza di insegnamento DELLA MARCATURA A UOMO, ma questo è un altro discorso.

Gigi Cagni