Non so cosa sia successo veramente alla Lazio e non voglio entrare nel merito della vicenda. Ma nelle dichiarazioni di Bielsa ho colto una frase che penso sia la chiave di tutto per dare una piccola giustificazione a quello che sta accadendo da molti anni nel nostro campionato e che, secondo me, è una delle cause maggiori della poca qualità che si sta vedendo nei nostri campionati. La frase è questa” Per costruire una squadra che soddisfi me e faccia ottenere i risultati al club ho bisogno di andare in ritiro con un numero di giocatori BASE vicino agli 11/11 e non ai 5/11″ perché nel mio programma di lavoro, per partire al meglio, ho bisogno della rosa quasi al completo. Ripeto non voglio entrare nel merito di questa diatriba specifica ma queste dichiarazioni mi hanno fatto pensare a quando ho iniziato a fare questo lavoro. Al di là del fatto di cui ho già parlato, cioè alla scelta dell’allenatore che veniva fatta qualche mese prima della fine del campionato, la cui conseguenza era che si partiva con quasi tutta la rosa al completo per il ritiro. Il mercato era diverso, gli interessi ed anche e i giocatori erano inferiori, ma il sistema era quello giusto. La contraddizione sta nel fatto che tutte, o la maggior parte, delle squadre arrivano all’inizio della preparazione con un numero di giocatori esagerato, prendono l’allenatore all’ultimo momento e PRETENDONO RISULTATI subito. Come in qualsiasi tipo di costruzione è la base che ti permette di “edificare” al meglio, se non hai la possibilità di prepararla con criterio, dopo non puoi pretendere che stia “in piedi” bella eretta. Secondo me i Presidenti e i dirigenti di calcio oggi non hanno la minima idea delle difficoltà di un allenatore in ritiro precampionato. Non si rendono conto delle problematiche riguardanti la logistica e la programmazione giornaliera del lavoro tecnico-tattico e fisico per un allenatore con 30 giocatori. Come puoi allenare e costruire il campionato con gente che sa che se ne andrà e altri che arrivano dopo 15 giorni o addirittura, con il mercato aperto fino a fine agosto, dopo un mese. Quindi, o si dà il tempo necessario perché l’allenatore assembli un gruppo di giocatori che soddisfi le esigenze delle due parti (penso che il minimo siano almeno 10 gare di campionato) o si deve cambiare sistema e, forse, tutti ne avranno beneficio.
l’allenatore moderno
25 settembre 2013Lo spunto me lo ha dato la Gazzetta dello Sport del 24/9 in cui, a pag.6 – dove si parla delle Sorelle Scudetto -c’è una riga del sottotitolo che dice: “..E gli allenatori tornano a fare la differenza”.
Io aggiungo: Gli allenatori faranno sempre di più la differenza.
Ma perché questo accada bisogna che gli Allenatori abbiano la possibilità di poter lavorare, per dimostrare le proprie capacità, in un ambiente che gli permetta di metterle in evidenza.
Questo non può accadere se le squadre le fanno i Presidenti con 30 giocatori buttati lì senza un progetto e una logica tecnico-tattica, pensando già che, se dovesse andare male, si cambia allenatore.
C’è stato un cambiamento epocale, senza che nessuno se ne accorgesse, quando si è allungato il mercato rendendolo quasi permanente, la cui diretta conseguenza è stata il dover accettare i ricatti dei giocatori sui prolungamenti dei contratti.
Nessuno ha pensato che se le società non fossero state forti nel difendere il proprio allenatore, questo avrebbe avuto grossi problemi nella gestione dello spogliatoio.
Spogliatoio sempre più difficile da gestire nel momento in cui verranno a mancare i “vecchi leaders”, gli esempi da seguire (e quel tempo non è lontano).
Inevitabilmente il leader diventerà l’allenatore a cui spetterà, non soltanto la gestione tecnico-tattica, ma anche quella di collegamento e di unione delle personalità dello spogliatoio, compresa la comunicazione esterna.
Quindi, e qui mi rivolgo ai miei colleghi giovani, non abbiate fretta di arrivare alle categorie alte.
Non pensiate che, perché avete fatto i calciatori , sia tutto semplice quando si passa dall’altra parte.
Cercate esperienze di difficoltà graduali, bruciarsi è facile in un ambiente con pressioni così alte come quelle del calcio italiano.
Ripeto il concetto: cari Presidenti “la figura dell’allenatore deve essere rivalutata” e non può esserlo se alla fine dei campionati se ne cambiano più di 45, ciò va a discapito dello spettacolo.
Mai, come questo inizio di campionato, si sono viste partite così brutte sotto il profilo tecnico poiché si nota già, da parte degli allenatori, la ricerca del risultato a tutti i costi con il minimo rischio.
Il caso Giampaolo dimostra quanto sia difficile reggere a degli stress che non hanno niente a che fare con il campo, anche se il suo comportamento non è certamente da prendere da esempio perché, comunque, devi avere rispetto per chi ti ha ingaggiato.
Gigi Cagni
UN PUNTO D’EQUILIBRIO
2 febbraio 2013Ho iniziato a fare il professionista nel 1968. Ho esordito in serie A nel 1970 a Cagliari, che quell’anno vinse lo scudetto. Io e gli altri tre giovani convocati ci siamo cambiati solo dopo aver scaricato tutte le valige.
Il rispetto per il giocatore “anziano” arrivava non soltanto dall’educazione dataci nel settore giovanile ma dal sistema socio-culturale di quelle generazioni a cui veniva insegnata l’importanza del valore dell’esperienza di cui erano “depositarie” le persone mature.
Il cartellino era delle società che disponeva di te senza che tu potessi avere voce in capitolo.
A 28 anni mi hanno venduto alla Sambenedettese e il Presidente, visto la mia reticenza al trasferimento, mi disse che se non fossi andato mi avrebbe fatto smettere di giocare.
Quindi andai e fu la mia fortuna, perché ho giocato in B fino a 37 anni.
Per questo ho vissuto tre generazioni di calcio: la precedente alla mia, la mia e quella pre-attuale, molto vicina all’attuale, quando poi ho iniziato a fare l’allenatore. Tutto questo per dire che, essendo stato integralista, condivido quello che ha detto Zeman sulle regole e i comportamenti che si dovrebbero avere ma non condivido i metodi per ottenerli (guarda caso gli si è rivoltato tutto contro).
Non c’è niente da fare, quelli come noi si devono adeguare ai tempi.
Non sto a dire se giusto o sbagliato ma sta di fatto che il sistema oggi è questo e Zeman non lo ha capito.
Funziona solo se fai i risultati.
Dopo la legge Bosman è cambiato tutto e il non averlo compreso è sicuramente un errore.
L’anno scorso ha avuto successo perché la società gli ha dato carta bianca e un gruppo di giovani di grande talento che lui è riuscito a fare esprimere al meglio, senza interferenze di nessun tipo, e senza l’obbligo di vincere.
Per allenare la grande squadra, oggi, la qualità maggiore che devi avere è quella della gestione di campioni che hanno una personalità e una forza contrattuale diversa da quella che può avere un giovane.
Senza farsi travolgere da tutte le componenti che premono sulla gestione, devi essere capace di fare rendere al meglio il gruppo con una democrazia-dittatoriale.
Non è una contraddizione, è l’unico metodo possibile per gestire giocatori che sanno di essere l’unico valore economico di una società di calcio.
Se il rapporto di valore, per la società, fra te e il giocatore è di milioni di euro a vantaggio del giocatore, in situazioni di difficoltà chi ha le conseguenze peggiori?
La cosa avvilente che sta accadendo (secondo me totalmente sbagliata) è che i Presidenti, e i media, danno una percentuale bassa di importanza agli allenatori.
Sono convinti che l’allenatore conti poco e che, quindi, nella scelta non devono perderci troppo tempo.
Questa è una grossa contraddizione, è come se nelle loro aziende, al manager di riferimento dessero una importanza relativa.
Purtroppo il calcio è diventata un’azienda atipica e, guarda caso, non è che stiamo attraversando un grande periodo.
Sarebbe il caso di fermarsi a riflettere.
Non si può essere in balìa di persone che hanno come obiettivo primario i propri interessi.
Bisogna adoperarsi affinché la bilancia trovi il centro d’equilibrio.
Gigi Cagni
Siamo al giro di boa……
27 dicembre 2010Siamo quasi alla fine del girone di andata di Campionati che non hanno
sicuramente brillato per qualità e spettacolarità,anzi.
Contrariamente alle previsioni di molti “ESPERTI” non c’è stata la solita falcidia di allenatori.
Premesso che questo è avvenuto, probabilmente, per mancanza di soldi e quindi i Presidenti hanno preferito pagarne uno solo, sperando che le cose potessero cambiare naturalmente, vedrete che appena si avvicinerà la fine e avranno il timore di non raggiungere l’obiettivo, ci saranno grossi cambiamenti.
Tutta questa premessa l’ho fatta per accentuare il problema più grave, secondo me, che non permette al nostro calcio di adeguarsi al livello Europeo, e cioè la mancanza di PROGRAMMAZIONE e RISTRUTTURAZIONE delle componenti essenziali del CARROZZONE CALCIO.
Non puoi pretendere di dare uno spettacolo degno di questo nome con degli stadi che non si vedono nemmeno più nei paesi dell’Est.
Non si capisce come mai ci siano un numero notevole di imprenditori che vorrebbero costruirne di moderni, con tutti i confort, e quindi investire anche sulla squadra, ma non gli viene permesso per motivi di cui è difficile capirne la ragione.
Verrà pure da noi il momento in cui qualcuno riuscirà a permettere l’attuazione di una ristrutturazione adeguata per il rilancio di un calcio moderno che possa fare tornare la gente allo stadio, comprese le famiglie.
Abbiamo tutti gli strumenti e le potenzialità ma, come al solito, nessuno ha il coraggio di fare cose, anche impopolari, per lo sviluppo di questo settore che, oltretutto, è fra i primi 10 in Italia per produttività.
Il tutto non può non influire sulla qualità dello spettacolo calcistico.
I settori giovanili dovrebbero essere la nostra risorsa ma senza investimenti adeguati la cosa diventa difficile.
E’ chiaro che si preferisce andare a prendere giovani giocatori stranieri perché costano meno, e quindi, risparmiare sull’assunzione di allenatori professionisti che graverebbero in modo inadeguato sul bilancio.
Abbiamo l’ Università del calcio e gli allenatori più preparati ma non siamo capaci a sfruttarne le potenzialità.
Tornando ai nostri campionati, la mia impressione è stata che, già nel girone di andata, si sia pensato più al risultato che al gioco e quindi ne ha risentito lo spettacolo.
Troppa paura dell’esonero da parte degli allenatori,troppa importanza ECONOMICA la sconfitta sul campo.
Non può essere di importanza vitale una retrocessione o il non raggiungimento di un obiettivo.
Tatticamente c’è stata questa esplosione del rombo che, in molti casi, non aveva ragione di essere scelta perché non c’erano i giocatori adatti per attuarlo.
Ho visto cercare di trasformare giocatori che, di solito, o erano seconde punte o esterni offensivi,in ½ punte, con dei risultati improponibili.
Non so per quale motivo noi allenatori, alle volte, cerchiamo di emulare nostri colleghi che ottengono ottimi risultati con tattiche un po’ diverse dalla norma,senza avere giocatori adatti per praticarle.
Continua ad essere, per me e per certi miei lettori, inspiegabile il modo in cui vengono subite delle reti con errori che dimostrano la non conoscenza delle basi della specificità del ruolo.
Forse perché si sta esagerando nella maniacalità della parte tattica e fisica piuttosto di quella tecnica?
Come dico sempre, se tutto funzionasse come dovrebbe, questo lavoro andrebbe fatto nei settori giovanili con allenatori preparati a farlo, e non da quelli della prima squadra.
Lo dico da anni, il mio sogno sarebbe fare come nel calcio americano e cioè: la preparazione fisica responsabilità individuale del giocatore (con quello che guadagnano), quella tecnica specifica dal trainer e, infine, quella tattica dall’allenatore in prima che perciò diventerebbe come il COACH americano.
Non voglio fare come quelli che criticano e basta, senza proporre niente, solo per il gusto di criticare il sistema.
Quindi, siccome penso che la filosofia di un passo alla volta paghi, secondo me la costruzione di stadi di proprietà è la cosa necessaria e primaria per poi, di conseguenza, arrivare alla soluzione di tutte le altre problematiche. Buon anno a tutti.
Gigi Cagni