Ringraziamenti e ……chiarimenti

17 giugno 2012

Inizio ringraziando e scusandomi con chi mi ha scritto in questo ultimo mese in cui, per ovvi motivi, non ho potuto esaudire le loro richieste.

Ringrazio anche quelli che mi hanno criticato con educazione perché tutto serve per crescere, solo dibattendo diverse opinioni si riesce ad avere un quadro più ampio degli argomenti.

Dovete anche capire però che sarebbe scorretto se oggi, nell’analisi personale della mia esperienza, nominassi persone che non possono controbattere sul blog.

Quindi mi limiterò a esprimere le mie impressioni e le mie valutazioni cercando di non entrare nello specifico di avvenimenti in cui dovrei parlare di altri e non del mio lavoro fatto con i giocatori.

Alla fine ognuno di voi trarrà le proprie conclusioni e giudicherà più o meno soddisfacente la mia analisi.

A ottobre sono stato contattato per vedere se c’era la mia disponibilità a prendere il Vicenza che aveva disputato 8 partite facendo 3 punti soltanto.

Ho incontrato i rappresentanti del Vicenza, compreso il Presidente Cassingena, e immediatamente ho accettato l’incarico senza discutere sull’ingaggio (il mio standard d’ingaggio era molto alto) perché ero convinto di potere lavorare bene con questi giocatori e salvarmi, anche con delle difficoltà, ma salvarmi.

L’unica cosa che avevo chiesto era carta bianca nella gestione della squadra, non volevo interferenze riguardo all’aspetto tecnico-tattico e fisico del gruppo.

Il Presidente mi aveva scelto per la mia esperienza e professionalità oltre a un curriculum di buoni risultati.

Ho fatto in fretta a contagiare i giocatori con la mia passione e conoscenza dei diversi modi di stare in campo.

Sapevo di avere un gruppo di buone qualità tecniche non, però, conoscendone i valori di professionalità e personalità.

Tutto è filato liscio per 3 mesi e mi riferisco sia al mio modo di allenare tecnico-tattico che fisico.

17 anni di preparazioni fatte fare e 19 fatte da giocatore un po’ di esperienza me l’avevano data.

La cosa più difficile all’inizio è toccare i tasti giusti per fare rendere immediatamente i giocatori perché l’aspetto psicologico quando hai perso molto nelle gare precedenti è fondamentale.

In quel senso ho cercato di istruire tutti i collaboratori che erano a Isola Vicentina perché tutti dovevano seguire il mio modo di gestire psicologicamente i giocatori essendo l’unico responsabile e anche referente del risultato finale.

Oggi più che mai i giocatori devono avere un referente solo e deve essere l’allenatore.

Ci sono così tante componenti attorno all’ambiente che se non hai la forza di imporre la tua linea e non sei l’unico che la fa rispettare, difficilmente riesci a gestire un gruppo così variegato di persone.

La domanda più ricorrente è cosa è successo a Gennaio. Niente di particolare se non che c’è stato un calo psico-fisico dovuto a tanti fattori ma il più importante, secondo me guardando la storia della squadra negli ultimi tre anni, è che questo gruppo di giocatori quando raggiunge un risultato soddisfacente non ha la cattiveria necessaria per raggiungerne un altro più avanti.

Entrare nelle loro teste non è facile specialmente se I MESSAGGI non sono uguali.

La cattiveria agonistica, le motivazioni e la conoscenza di quello che serve per vincere e avere traguardi importanti non riesci a costruirla da solo e in breve tempo.

La cosa più difficile è uscire dalle difficoltà trovando le soluzioni giuste e condivise con chi ha le responsabilità, i giocatori devono fare i giocatori e basta, non devono avere altre responsabilità.

Quando vengono le difficoltà e tutto ti sembra crolli e ti prende lo sconforto, l’ambiente ti critica e si cominciano a sentire spifferi di ogni tipo, l’unica cosa da fare è chiudere la finestra, confrontarsi e trovare la soluzione.

Se poi si ritiene giusto cambiare l’allenatore deve essere fatto prendendosene la responsabilità e, soprattutto, essendone convinti.

Quando sono tornato le difficoltà erano superiori ed è il motivo per cui ho fatto delle scelte impopolari.

L’unico responsabile dovevo essere io proprio per i motivi che ho sopra elencato.

Ho cercato di comprendere il più presto possibile quelle che potevano essere le prime cose da fare in una situazione più difficile di quella di ottobre in riferimento ai punti fatti nelle 8 gare (soprattutto i 2 punti nelle 5 partite in casa), alla classifica e alle poche gare che dovevo disputare.

Ho così deciso di ACCOLLARMI la sconfitta di Pescara per stare con loro e anticipare il mio lavoro di ricostruzione per arrivare, almeno, ai play-out.

Adesso posso precisare il mio sfogo con Ferretto a Pescara.

L’avevo preparato perché così avrei distolto tutta l’attenzione sulla sconfitta pesante.

Difatti per tre giorni si è parlato solo di quello senza dare risalto alla sconfitta e lasciandomi preparare al meglio la prima delle 4 partite decisive (pensate se non avessimo vinto con il Modena, saremmo retrocessi già dopo la gara).

Con calma e scavalcando ogni ostacolo senza fare polemica con chi avrebbe voluto farla, siamo arrivati a disputare il play-out con 20 giocatori soltanto fra cui due giovani inesperti come Capitanio e Mbida.

Ciononostante ero convinto che ci saremmo salvati.

Potete criticarmi su tutto ma non come ho preparato i 180’ avendo la conoscenza sia dell’organico che della condizione psico-fisica.

La partita di Empoli ha espresso tutto il campionato.

Secondo me anche il play-off del Varese ha detto che il mio esonero è stato affrettato.

Se non si comprende che certe gare vanno viste non soltanto per quello di sbagliato che fai tu ma anche per la forza dell’avversario, vuol dire che hai una visione distorta della realtà.

Non credo che mi passerà mai la delusione della sconfitta con retrocessione di Empoli ma, professionalmente e razionalmente, ho dovuto accettare che molti giocatori non erano all’altezza di disputare gare di grande intensità per mancanza di caratteristiche fisiche e mentali.

Il sistema calcio in Italia ha preso una strada che non può essere quella giusta se nel campionato scorso sono stati cambiati più di 40 allenatori fra A e B.

Spero di essere stato esaustivo nell’analisi della mia avventura di Vicenza.

Siccome i benpensanti diranno “ma lui che responsabilità ha avuto che ha parlato solo di altri, possibile che non abbia sbagliato niente?”.

Tranquilli che io sono abituato a essere obiettivo con me stesso e di errori ne ho fatti senz’altro e spero di avere l’opportunità, in altre occasioni, di non ripeterli, però è anche vero che non posso non pensare che ho fatto 33 punti in 24 partite e se ci penso mi inc……di piu.

 Gigi Cagni


Niente Alibi

30 marzo 2012

Era inevitabile che, avendo il blog e la squadra, gli argomenti andassero in quella direzione.
Dopo l’esonero di qualsiasi allenatore, in Italia, se ne dicono di tutti i colori.
Ognuno si sente in diritto di esprimere opinioni di ogni genere convinto di essere nel giusto.
Chissà perché chi parla di calcio dall’esterno ha sempre più conoscenze e certezze di chi lo pratica professionalmente.
Siccome è lo sport Nazionale e lo si è giocato o seguito da bambini si pensa di poterne discutere con cognizione di causa e, addirittura, con certezze che un professionista ha poche volte.
Tante volte ho pensato di andare in un posto di lavoro di qualsiasi tipo, mettere 20 euro e, per un’ora e mezza, criticare ogni  azione o decisione per vederne la reazione.
Provate a dire a un giornalista che non sa scrivere.
La risposta che vi darebbe sarebbe: ”Ma quando mai hai scritto un articolo, cosa ne sai tu di questo lavoro?”
Se si parla di calcio, invece, tutti sanno perché guardano la televisione, seguono internet e ascoltano opinionisti di ogni genere. Intendiamoci, ciò non vuol dire che non si possano esternare le proprie opinioni,  ma avere la presunzione di sentenziare senza averne reale competenza trovo sia sbagliato.
Infatti, le partite in televisione le guardo da solo perché mi da fastidio sentire continui commenti, che esprimono le famose certezze, su ogni azione.
Ho giocato 600 partite da professionista e mai nessuna è stata uguale all’altra, simili sì ma uguali mai.
In ogni partita ho imparato qualche cosa o, meglio ancora, mi ha stupito qualche cosa.
Poi ho provato e riprovato per crescere, per capire quale fosse la soluzione più giusta.
Fortunatamente, visto che le componenti che influiscono sono così tante da non potere fare statistiche certe, non sai mai se l’azione che tu fai possa avere sempre lo stesso risultato finale.
Simile certamente anche perché se la cosa funziona non è certo per caso.
Ho fatto la mia prima preparazione fisica nel 68, avevo 18 anni, con Silvestri che era un innovatore a quei tempi quando le velocità nel calcio erano molto ridotte, ma c’era molta più tecnica.
Poi negli, anni settanta, ho avuto diversi allenatori più o meno preparati dai quali, però, ho appreso sempre qualche cosa (con Seghedoni ho provato i 3 allenamenti al giorno con colazione alle 7 di mattina, montagna, ri-colazione, corsa in campo e il pomeriggio tecnico-tattico).
Dall’80 in poi, dai 30 anni, ho iniziato a scrivere tutti gli allenamenti riguardanti la preparazione fisica con la fortuna di avere avuto allenatori precursori in quel senso.
La cosa più importante è stata iniziare a valutare gli effetti che facevano su di me tutte le varie esercitazioni con il pensiero, già, che avrei fatto l’allenatore e quindi ragionare e valutare in prospettiva.
Ho avuto la fortuna di vivere TRE generazioni di calcio, quella prima di me, la mia e quella attuale perché ho smesso nell’88 a 38 anni e, quello che si fa oggi, non si discosta molto da quei tempi.
Poi ho iniziato a fare l’allenatore professionista, ho conosciuto il mio attuale preparatore e, insieme con pazienza, abbiamo costruito il nostro standard di programmazione della preparazione annuale che va a periodi.
In 23 anni ho fatto preparazioni dall’inizio del campionato e subentrando in periodi diversi.
Modificando sempre, conforme ai periodi e alle situazioni, sono riuscito a trovare un buon equilibrio per la resa, quasi certa, della maggior parte dei giocatori messimi a disposizione.
Direi che sempre le mie squadre hanno fatto finali di campionato in crescendo.
Faccio fatica a pensare che proprio a Vicenza, dopo avere trovato la soluzione giusta all’inizio, abbia sbagliato tutto da Natale in poi.
Comunque avrò l’umiltà e la professionalità di valutare il tutto alla fine della stagione guardando quelle che saranno le prestazioni della squadra.
State tranquilli che se riterrò di avere responsabilità importanti e determinanti riguardo a questo argomento, non avrò problemi a parlarne criticamente.
Questo per dire che nel calcio ci sono già poche certezze per chi lo pratica giornalmente, figuriamoci per chi lo vede da fuori.
Ricordatevi una cosa importante nella vita “Gli alibi non fanno crescere”.
Un abbraccio a tutti.

Gigi Cagni