SERIETÀ E MERITO

25 giugno 2014

prandelli
Finalmente qualcuno che ha il coraggio di fare azioni responsabili.
Certamente sia Prandelli che Abete non hanno tutte le responsabilità di questo risultato negativo ma, con le dimissioni hanno senz’altro dimostrato coerenza e professionalità.
Ora, speriamo, che l’analisi di tutto il nostro mondo calcistico non si soffermi sulle colpe dell’arbitro o sul morso di Suarez e nemmeno su quelle tecnico-tattiche.
Basta dare i “numeri”, perché alla fine contano più le persone degli schemi. Basta sopportare professionisti che nella settimana di lavoro non conoscono riposi notturni.
Il Campionato del Mondo non si prepara nei 15 giorni prima dell’inizio ma nei mesi antecedenti l’evento.
La maglia si deve rispettare tutti i giorni dell’anno con comportamenti consoni alla professione.
Dobbiamo tornare a fare rispettare le regole e i ruoli.
La debacle Mondiale non è solo responsabilità di chi è andato in Brasile ma di tutto il nostro sistema che non ha più valori, un sistema che non programma niente e che pensa soltanto al risultato immediato.
Dobbiamo cogliere questa occasione per riuscire a fare tornare un calcio meno di immagine e più di sostanza.
E’ andata così, può succedere.
Ora non resta che rimboccarsi le maniche, senza processi inutili e capire che tutti noi abbiamo le possibilità e le qualità per tornare fra i primi al mondo.
Non è difficile, è sufficiente fare il contrario di quello che abbiamo fatto fino ad ora.
Sembra una battuta ma non lo è.
Personalmente l’ho usata tante volte nella mia vita, quantomeno per ripartire, e poi ho utilizzato le cose buone del passato per ricostruire un futuro più solido.
Non vado oltre perché non voglio essere noioso, sempre con la solita retorica del passato, dei valori, del fatto che una volta fosse meglio di oggi.
Non ci penso nemmeno, perché certamente oggi sarà preferibile per molti aspetti però, qualche cosa bisogna riprendere visto i risultati.
Per esempio mi sta accadendo un fatto che mi rende professionalmente felice.
Sto cercando di andare a fare un’esperienza all’estero e al mio Agente chiedono il curriculum, non gli basta la conoscenza di chi mi presenta o la sponsorizzazione da parte di amici.
Quindi se mi assumeranno sarà solo perché saranno convinti delle mie capacità. Questo mi piace.

Gigi Cagni


Nella tana del Chelsea

1 marzo 2011
E’ proprio un periodo strano, ovunque vada, in giro per l’Italia,sono apprezzato nell’ambito calcistico sia come tecnico che come uomo da chi viene a contatto con me,siano essi addetti ai lavori o appassionati, eppure non riesco a trovare una collocazione.
Comincio a pormi la domanda: “Dove ho sbagliato? 20 anni di carriera, 3 campionati vinti, salvezze difficilissime in A,Coppa Uefa con L’Empoli, tutto questo non è servito a niente?
Per fortuna il mio spirito combattivo mi fa poi rasserenare e accettare quello che è il momento particolare di tutti gli ambienti lavorativi in Italia.
La meritocrazia ritornerà in tutti gli ambiti perché senza quella non si può crescere.
C’è un unico mezzo per reagire, ed è CONTINUARE AD ACCRESCERE LE PROPRIE ESPERIENZE E CONOSCENZE. Per questo motivo, 3 settimane fa, sono andato a Londra a trovare Ancelotti e a vedere i suoi allenamenti.
Innanzitutto devi muoverti con lo spirito giusto
e pensare che vai in una situazione organizzativa e ambientale totalmente diversa da quella che si trova nella maggior parte delle nostre società, purtroppo.
Sono arrivato al centro sportivo del Chelsea con la metropolitana ed il treno, dal centro di Londra in un’ora (per dire che le lunghe
distanze si coprono in breve tempo quando le comunicazioni ed i servizi funzionano).
Mi sono trovato in uno splendido ambiente, nel silenzio ovattato della campagna londinese, in un centro sportivo composto da due grandi palazzine,distanti tra loro circa 300m; in una ci sono tutte le strutture necessarie alla prima squadra e nell’altra quelle del settore giovanile (compresi gli alloggi per i ragazzi che vengono da fuori). Di fronte a questi edifici ci sono tutti i campi di allenamento. La prima cosa che mi ha colpito è che non c’erano né tifosi né,tantomeno,giornalisti.
Carlo mi ha poi detto che non è come da noi, lì non ci sono quotidiani sportivi e nemmeno
trasmissioni televisive che trattano argomenti tecniciè più facile che i media……….cerchino gossip sui calciatori.
Comunque la cosa che mi interessava di più era vedere l’ organizzazione di una società all’avanguardia nel panorama del calcio Europeo e, probabilmente, mondiale.
Siamo saliti al secondo piano dove ci sono tutti gli uffici che fanno parte dell’organizzazione tecnica del suo staff. Con lui collaborano circa 10 persone comprendenti tecnici che, in uno degli uffici,con l’ausilio di computer,preparano tutti i dvd che serviranno alle esigenze di Carlo.
In un altro ufficio dotato anch’ esso di computer, ci sono altri collaboratori che elaborano tutti i dati di ogni singolo giocatore durante gli allenamenti e le partite, attraverso collegamenti Gps indossati dai giocatori stessi.
In fondo al corridoio c’è l’ufficio del BOSS e cioè quello di Carlo, con scrivania, salottino per le riunioni e, naturalmente,televisore con tutti gli strumenti per visionare i dettagli.
Fa parte del suo staff anche il Dott. De Michelis, psicologo di fama mondiale che ha elaborato uno strumento per misurare il grado di sopportazione dello stress.(avrei dovuto farlo  io, probabilmente avrei fatto saltare la macchina).
Ad ogni fine allenamento Ancelotti e tutti i suoi collaboratori si riuniscono e analizzano tutti i dati dell’allenamento precedente, ne discutono, e organizzano quello del giorno dopo.
Al piano terreno ci sono: la palestra,la piscina,una vasca con tapis roulant (attrezzature che posseggono loro e poche altre squadre in Europa)per il recupero infortunati,
la sala massaggi (immensa) con uno staff composto da un medico e 4 massaggiatori. Ed infine, gli spogliatoi che danno direttamente sui campi di allenamento.
Durante Quella settimana avevano tre gare e quindi gli allenamenti erano abbastanza blandi, comprendenti possesso palla e partitine a tema, tutto comunque, fatto a buone intensità e sempre con lo spirito giusto.
Quel periodo mi ha riconciliato con la passione e fatto ritrovare l’entusiasmo per il mio lavoro. Tornato in Italia per l’ ennesima volta mi sono chiesto perché qui non si possa arrivare ad avere stadi e strutture adeguate come in Inghilterra.
Potenzialmente non siamo secondi a nessuno, ma ultimamente abbiamo perso molto in cultura sportiva e organizzazione. Io mi sento un giovane studente in cerca di nuove esperienze nel campo che amo, non so dove mi porterà la voglia di crescere e di imparare, ma ho la consapevolezza che questo mio spirito mi abbia reso ciò che sono e non vedo l’ ora di mettere tutto questo ancora a disposizione di giocatori intenzionati a migliorarsi giorno dopo giorno.

 

Gigi Cagni


Largo ai Giovani

9 agosto 2010

Sono tornato in Italia dopo avere trascorso 15gg in Sri Lanka.
Ho fatto il turista viaggiatore cambiando 13 alberghi e facendo 2200 km su strade un po’ asfaltate e un po’no. Ho visitato un Paese che, dopo la guerra vinta contro i Tamil, sprizza voglia di crescita e di sviluppo. E´ un paese giovane ed in continuo fermento.Lo stato sta puntando su infrastrutture per il turismo e sulla scolarizzazione delle nuove generazioni per mettere a disposizione della nazione dirigenti preparati e utili per lo sviluppo futuro. Sanno che ci vorrà del tempo ma ci credono e quindi sono consapevoli che la riuscita del progetto non sarà facile.
Ogni grande cambiamento ha bisogno di programmazione e pazienza, soprattutto nei momenti di difficoltà. Sono certo che fra qualche anno si parlerà molto di questo piccolo stato dell’Asia.
Sbarcato nel mio Paese ho ricominciato a leggere i quotidiani sportivi e con grande piacere ho visto che l´argomento primario era la necessità di valorizzare i settori giovanili per contenere i costi e dare spazio ai giovani talenti Italiani.
Baggio presidente del settore tecnico con Sacchi responsabile delle squadre nazionali giovanili, la Rai che abolisce la moviola e la sostituisce con argomentazioni tattiche.
Tutti i giornalisti a dare risalto alla necessità di questo cambiamento, unica strada per salvare il nostro calcio.
Mi sono detto “guarda che questa volta veramente riusciremo ad intraprendere il percorso giusto per dare la svolta decisiva ad una situazione, secondo me, insostenibile” poi però ho pensato all´anno scorso quando, nello stesso periodo, l´argomento era che, per dare freschezza al nostro campionato, bisognasse seguire l´esempio del Barcellona che aveva dato la squadra a Guardiola allenatore giovane e vincente.
Quindi tutti ad ingaggiare tecnici giovani ed emergenti con la speranza di emulare l´allenatore spagnolo.
Risultato finale 25 esoneri fra A e B , evento mai avvenuto negli anni precedenti.
Forse tutto questo dovrebbe farci riflettere per cercare di non commettere lo stesso errore in riferimento a come ci dobbiamo porre nei confronti di cambiamenti necessari per il bene comune. Per 8 anni, nella Sambenedettese, ho fatto la CHIOCCIA a decine di giovani che venivano mandati nella mia squadra “a farsi le ossa”. Noi anziani dovevamo proteggerli, soprattutto, nei momenti difficili. Anche per noi il risultato era importante e quindi dovevamo essere bravi a gestire le qualità di questi giovani calciatori cercando di non farli bruciare.
Il che comportava mettergli l’ombrello nei momenti in cui venivano criticati e attaccati dai media per prestazioni non buone. Noi sapevamo che ci voleva pazienza, l´esperienza ha bisogno di tempo e di errori per migliorarci, con la fretta non costruisci niente di solido.
E´chiaro che bisogna anche sapere cosa fare, perché riempire le cronache di paroloni e poi non agire con il giusto criterio ma, soprattutto, la dovuta conoscenza dell´argomento, non servirebbe a niente.
Mi permetto di dare qualche consiglio.
Cari Presidenti pagate meglio gli allenatori del settore giovanile assumendone i più preparati e non i meno costosi. Date delle regole di professionalità e di comportamento quando sono molto giovani oltre a non esagerare con ingaggi assurdi a giovani talenti.
Tutto deve essere proporzionato non soltanto al valore di mercato ma anche all´età del giocatore (a questo dovrebbe pensarci la Federazione mettendo un tetto salariale aggiungendo premi a rendimento, altrimenti non si riuscirà a fermare l´entrata nei nostri club di giovani stranieri che costano molto meno e hanno più fame).
Cari media che in questo momento vedete la scelta dei giovani come soluzione più giusta,dovrete essere coerenti con questa tesi anche quando la squadra andrà male,perché ai giovani bisogna dare tempo, senza chiedere la testa dell´allenatore in mancanza di risultati. Non facciamoli diventare FENOMENI dopo qualche partita di buon livello per poi MASSACRARLI quando calano il rendimento.
Non proteggiamoli quando hanno comportamenti non professionali e non consoni al loro ruolo, devono capire che sono esempio per chi li guarda.
Cari tifosi se in futuro vorrete un calcio più sano e pulito, imparate LA CULTURA DEL GIOCO E NON DEL RISULTATO.
In bocca al lupo a tutti per una visione di campionati di calcio avvincenti e spettacolari .

Gigi Cagni


….Notti tragiche….

25 giugno 2010

La Nazionale a casa, Lippi in croce, giocatori scarsi e vecchi o giovani e
inesperti, la Federazione non si sa che colpe abbia però le ha, e se ci fossero stati Cassano e Balottelli sicuramente non avremmo fatto questa figuraccia, e poi chi più ne ha più ne metta.
Fra 2-3 gg, finita la sbornia e l’interesse delle televisioni e dei giornali, si ricomincia con Prandelli e tutto ritorna come prima.
Sacchi ha scritto un articolo sulla Gazzetta dello Sport che rispecchia quello che è il mio pensiero da qualche anno.
Il titolo è azzeccato:  ”LA CRISI DEL NOSTRO SISTEMA“ e sviscera tutti i mali della nostra SOCIETA’ calcistica, partendo dagli stadi obsoleti, alla violenza che esplode ogni domenica, passando per i debiti delle società e i settori giovanili che pochi curano come si dovrebbe. Alla fine dice che la cosa da fare sarebbe di comprendere i motivi per cui accadono certi fatti e non giudicarli aspramente per poi abbandonarli senza fare niente per risolverli.
 Ci sarà pure un motivo di importanza vitale per il futuro se l’unica squadra Italiana che ha fatto bene a livello internazionale è stata l’Inter, composta tutta da stranieri,mentre le altre squadre sono state tutte eliminate? Ci sarà pure un motivo serio e valido se nei nostri campionati professionistici vengono cambiati, di media, 40 allenatori all’anno?
Oggi l’allenatore più “scarso” in Italia è Lippi, e Marcello lo sa.
Si è preso tutte le responsabilità, come è giusto che sia, e sa anche di essere solo, fa parte del nostro mestiere e vi posso assicurare che è la parte più difficile da metabolizzare.
Comunque il sistema è questo e devi accettarlo sia nel bene che nel male. Ma il punto per me focale, ed è quello su cui si dovrà lavorare, è la mancanza di personalità e di cultura tecnico- tattica da parte dei giocatori.
La società moderna sta sfornando dei giovani di qualità, in tutti i campi, ma senza la preparazione necessaria per affrontare situazioni di grande stress psicologico.
Arrivano in fretta, guadagnano molto,gli si fa credere che basta sapersi “VENDERE” mediaticamente per rimanere in auge, che tutto gli è dovuto perché sono un capitale (apro questa parentesi per dire che non ho mai capito perché quando uno fa un bel campionato chiede un ritocco sul contratto che già ha e non gli si può invece calare lo stipendio quando fa un campionato mediocre) e che devono pensare alla loro prestazione senza guardare molto al risultato della squadra.
Hanno un sacco di persone che li accudiscono e che fanno i loro interessi togliendogli ogni responsabilità ma,così facendo ,gli impediscono di crescere facendo errori che poi gli servirebbero per affrontare problemi più grossi. Non voglio difendere Lippi perché non ne ha bisogno, ma io ho fatto il calciatore per 20 anni, mi sono trovato in situazioni difficili dove mi sono preso delle responsabilità sul campo mettendo in atto quelle che erano le mie qualità sia tecniche che tattiche.
I gol che abbiamo preso sono il frutto di una non preparazione tecnico tattica di base. La concentrazione e la posizione giusta sul campo non DEVE dartela l’allenatore della Nazionale ma deve essere il frutto delle tue conoscenze apprese nei settori giovanili e migliorate nelle squadre di club dagli allenatori che si sono avuti. I principi tecnico-tattici dei singoli ruoli non li alleni in 3 settimane di premondiale.
Forse è meglio che i dirigenti dei clubs italiani comincino a capire l’ importanza degli allenatori dei settori giovanili, comincino a capire che il mestiere dell’allenatore è basilare in una società calcistica moderna.
Il nostro ruolo è diventato marginale perché non siamo un capitale e nemmeno merce di scambio.
Penso sia l’unica impresa al mondo in cui il Manager, che ha in mano le sorti del capitale, abbia così poco potere e neanche una grande considerazione se non quando la situazione è di grande difficoltà e si hanno paure di fallimento (in quei momenti i consiglieri e gli pseudo amici spariscono per poi tornare quando le cose migliorano).
Penso che dal risultato negativo in questo mondiale dovremmo trarre il più importante dei segnali per RISTRUTTURARE IL NOSTRO SISTEMA CALCIO e la cultura dei nostri calciatori per tornare ai vertici del calcio mondiale visto che ne abbiamo le potenzialità.

Gigi Cagni


Campione o Fuoriclasse?

5 febbraio 2010

Notizie di attualità: la prima riguarda il SOLITO Balotelli multato dalla società, che si è schierata con l’allenatore, per avere avuto delle azioni di intemperanza nei confronti di quest’ ultimo nella partita di Coppa (ci mancherebbe che si schierassero con il giocatore)e la seconda, è che il tribunale di Milano ha MULTATO I GENITORI di due ragazzi minorenni, che avevano violentato una loro coetanea, con 450000 € di risarcimento per “NON AVER EDUCATO I FIGLI AI SENTIMENTI”. Cosa accomuna questi due fatti così diversi? Molto. Dicevano una volta che è inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati (i proverbi sono la saggezza dei popoli, insegnateli senza paura di essere derisi) e quindi se si continua a essere pazienti e tolleranti pensando che prima o poi il soggetto capisca, specialmente se giovane e immaturo, si fa un grosso errore.


L’educazione e il rispetto, sia per le persone che per le cose, deve essere alla base per ogni INSEGNANTE sia esso genitore o educatore. Qual è l’esempio che tutti i giorni viene dato a questa generazione? Perchè a Balotelli non e stato detto che, essendo un personaggio pubblico e un’ottimo giocatore, viene guardato con ammirazione e spirito di emulazione dai suoi giovani fans? Perchè diventa difficile avere nelle squadre dei giocatori che abbiano ancora quel sentimento che fa rendere il doppio, specialmente nelle grosse difficoltà, che si chiamava ATTACCAMENTO ALLA MAGLIA? Lungi da me voler essere retorico e tradizionalista, anzi, sono al massimo del realismo proprio perchè con le esperienze acquisite posso valutare meglio le situazioni.
Esistono delle regole non scritte che se non rispettate portano all’involuzione e non all’evoluzione e queste riguardano tutte le sfere della nostra vita quotidiana.
Nessuno vuole frenare l’entusiasmo e la spregiudicatezza di quando si è giovani, la fantasia e i sogni sono alla base della crescita di un uomo, ma al tempo stesso si deve avere la coscienza che non si vive in un mondo proprio dove tutto ti è permesso.
L’accostamento dei due fatti potrà sembrare forte, non voglio certamente paragonare ed equiparare le intemperanze di Balotelli all’atto criminoso, ma quando ho letto la motivazione della sentenza, il collegamento l’ho trovato e sta nelle parole: EDUCARE E SENTIMENTI.
Secondo me la tecnica e la tattica vengono dopo, diventa difficile ottenere quello che vuoi se chiunque in campo ti può mandare a quel paese se non gli piacciono le tue decisioni.
Quello che è accaduto a San Siro e che accade in tutti i campi d’Italia è il frutto di questo lassismo nei confronti dei giovani talenti a cui non si fa capire l’importanza del ruolo che hanno nell’ambito dell’opinione pubblica concedendogli qualsiasi azione senza intervenire alla radice.
La differenza fra Campione e Fuoriclasse è enorme perché nel CAMPIONE prevale la qualità dell’uomo su quella tecnica.

Gigi Cagni


Il ritiro

21 dicembre 2009

Il ritiro, quando le cose non vanno bene, è una panacea che viene usata solo in Italia. Lo si fa esclusivamente per soddisfare il desiderio dei tifosi che, nel momento in cui la squadra non funziona, pensano sia perché i giocatori non fanno la vita da atleti, ma quando i risultati sono buoni concedono agli stessi di fare quello che vogliono, come uscire in discoteca e stare in giro tardi la notte. Le contraddizioni che ci sono nella gestione delle squadre in Italia sono molteplici ma questa è la più eclatante. Chissà perché alla fine si debbano sempre trovare degli ALIBI ai giocatori invece di metterli davanti alle loro responsabilità. Ve lo dice chi per anni a S.Benedetto del Tronto, negli ultimi due tre mesi di campionato era costretto a emigrare fin dal giovedì in altri lidi. Il tutto perché c’era un gruppo di tifosi, se così si potevano chiamare,che non permetteva di fare allenamento in tranquillità. Solo da noi sei costretto ad allenarti con la Digos a presidiare il campo. Forse sarebbe più opportuno educare i nostri atleti ad imparare come si deve fare questo mestiere per non creare situazioni incontrollabili, magari si potrebbe tornare a pronunciare la parola SACRIFICIO con cognizione di causa. Fare il calciatore oggi è sicuramente più difficile perché il calcio moderno è più atletico e per rimanere a certi livelli per tanto tempo – vedi Zanetti dell’Inter – devi fare una vita con delle regole ferree per  alimentazione e il ricupero fisico specialmente dopo ogni massimo sforzo, per esempio la partita di campionato. Con i ritiri forzati difficilmente risolvi situazioni di difficoltà di risultati. Proprio perché ne ho fatti tanti posso affermare, con cognizione di causa, che non sono sicuramente il rimedio più efficace per fare cambiare le cose, altrimenti sarebbe facile per tutti, nel momento in cui le cose non funzionano andare in ritiro e far tornare i risultati positivi. Come al solito la verità sta nel mezzo e cioè, solo in casi estremi e in situazioni particolari, potrebbe essere un rimedio efficace, ma non IL RIMEDIO. Costringere una squadra ad andare in ritiro è una sconfitta del sistema perché non è certamente un elemento della gestione su cui costruire qualche cosa di solido e duraturo. Se si arriva a questo vuol dire che si è sbagliato molto nelle componenti più importanti. Il mio sogno è sempre stato quello di arrivare ad essere come nel Football Americano e cioè che ogni giocatore si debba gestire singolarmente nella preparazione atletica e l’allenatore debba fare solo la parte tecnico tattica, anche perché, essendo pagati profumatamente per rendere al massimo ,hanno nei loro contratti delle penali onerose in caso non si attengano a comportamenti consoni alla vita da atleta. Non credo sia utopia pensare a un futuro del nostro calcio senza RITIRI con giocatori più responsabilizzati e una tifoseria senza eccessi.

Gigi Cagni


Il calcio dovrebbe essere “Passione”

16 dicembre 2009

C’è un termine che oggi non viene usato,o quantomeno usato poco, è: “PASSIONE”. In tutti gli ambiti lavorativi difficilmente si vedono persone trasmettere con i propri occhi il piacere e la voglia di comunicare il desiderio di migliorarsi per ottenere il massimo nella propria attività. E’ il mio cruccio di oggi, e la colpa è del sistema che si è instaurato nell’era moderna e cioè: tutto deve essere fatto in fretta per ottenere il massimo subito, senza costruire basi solide per la durata nel tempo visto che, sembra, il domani non interessi a nessuno. Poi, però, ti capita di conoscere in Kenya un personaggio come Freddie che quando parli di calcio e soprattutto di Genoa si illumina e sprizza passione da tutti i pori. A Malindi ha costituito un Genoa Club e ha scritto un libro (clicca sull’immagine se vuoi maggiori info o per acquistarlo) che accomuna il continente africano al Genoa. Sta anche istituendo una scuola calcio per fare appassionare al calcio italiano i bambini del luogo, perché loro seguono il calcio inglese e quindi le squadre britanniche. Se vi capiterà di leggere il suo libro (Genoa club Malindi cronaca di una stagione indimenticabile dall’africa all’europa) capirete il motivo per cui ho accennato a questo episodio sul mio blog che dovrebbe parlare di tecnica e di tattica. Penso che chi ama il calcio come me ne avrà capito il motivo e cioè, se parli con persone che vivono a 8000 km dall’Italia e che anni fa quando non era ancora arrivato il satellite avevano una radio militare per sentire le cronache delle gare riunendosi in una casa per fare il tifo alla propria squadra,sfottò compresi, non si riesce a comprendere perché chi ha la possibilità di viverlo in diretta sta cercando di renderlo sempre meno appassionante, più egoistico e strumentale. Senza PASSIONE ne abbiamo voglia di parlare di tattica e tecnica! Se è il denaro lo scopo principale, difficilmente ci si può migliorare, perché l’ obiettivo principale è il guadagno e non la programmazione di un futuro che ci possa permettere di GODERE di questo splendido sport. Fortunatamente la storia ci ha insegnato che è sempre questione di cicli,basta avere pazienza e continuare a trasmettere con le proprie azioni, conoscenza e passione e tutto tornerà ad essere godibile come lo era. Il mio non è pessimismo, anzi, al contrario, ho la convinzione,visto i risultati che stiamo ottenendo, che sarà inevitabile tornare all’essenza dei valori che hanno portato il calcio ad essere il gioco più amato nel mondo.

Gigi Cagni