Non so cosa sia successo veramente alla Lazio e non voglio entrare nel merito della vicenda. Ma nelle dichiarazioni di Bielsa ho colto una frase che penso sia la chiave di tutto per dare una piccola giustificazione a quello che sta accadendo da molti anni nel nostro campionato e che, secondo me, è una delle cause maggiori della poca qualità che si sta vedendo nei nostri campionati. La frase è questa” Per costruire una squadra che soddisfi me e faccia ottenere i risultati al club ho bisogno di andare in ritiro con un numero di giocatori BASE vicino agli 11/11 e non ai 5/11″ perché nel mio programma di lavoro, per partire al meglio, ho bisogno della rosa quasi al completo. Ripeto non voglio entrare nel merito di questa diatriba specifica ma queste dichiarazioni mi hanno fatto pensare a quando ho iniziato a fare questo lavoro. Al di là del fatto di cui ho già parlato, cioè alla scelta dell’allenatore che veniva fatta qualche mese prima della fine del campionato, la cui conseguenza era che si partiva con quasi tutta la rosa al completo per il ritiro. Il mercato era diverso, gli interessi ed anche e i giocatori erano inferiori, ma il sistema era quello giusto. La contraddizione sta nel fatto che tutte, o la maggior parte, delle squadre arrivano all’inizio della preparazione con un numero di giocatori esagerato, prendono l’allenatore all’ultimo momento e PRETENDONO RISULTATI subito. Come in qualsiasi tipo di costruzione è la base che ti permette di “edificare” al meglio, se non hai la possibilità di prepararla con criterio, dopo non puoi pretendere che stia “in piedi” bella eretta. Secondo me i Presidenti e i dirigenti di calcio oggi non hanno la minima idea delle difficoltà di un allenatore in ritiro precampionato. Non si rendono conto delle problematiche riguardanti la logistica e la programmazione giornaliera del lavoro tecnico-tattico e fisico per un allenatore con 30 giocatori. Come puoi allenare e costruire il campionato con gente che sa che se ne andrà e altri che arrivano dopo 15 giorni o addirittura, con il mercato aperto fino a fine agosto, dopo un mese. Quindi, o si dà il tempo necessario perché l’allenatore assembli un gruppo di giocatori che soddisfi le esigenze delle due parti (penso che il minimo siano almeno 10 gare di campionato) o si deve cambiare sistema e, forse, tutti ne avranno beneficio.
“PUNTO DI PARTENZA”
22 aprile 2013Ringrazio tutti i tifosi dello Spezia per i complimenti che mi hanno fatto per la gara contro l’Empoli. Sono d’accordo sul fatto che sia stata la più bella da quando sono arrivato e ne sono molto orgoglioso. Ma il motivo di grande orgoglio deriva dal fatto che, tutto quello che è accaduto a Spezia e in altre circostanze analoghe, è il frutto di tutte quelle esperienze tecnico-tattiche, psico-fisiche e gestionali che ho descritto in tutti questi anni del blog. Essere coerenti con le proprie idee dopo averle rese pubbliche e dimostrare con i fatti che portano a dei risultati concreti, è motivo di grande soddisfazione. Troppe volte nella mia vita ho letto o visto in televisione soloni che parlando di argomenti non necessariamente calcistici, quando poi,venivano messi alla prova praticamente, facevano dei flop clamorosi. Posso essere criticato per tante cose perché, chiaramente, non sono il depositario della verità ma so per certo che quello che faccio è il frutto di tante sperimentazioni che mi permettono di avere qualche certezza. È chiaro che tutto quello che riesci a fare e realizzare in pratica non potrebbe avvenire senza la disponibilità completa di TUTTI gli elementi a disposizione. La difficoltà più grossa, e chi mi ha letto sa di cosa parlo, perché l’ho detto in molti articoli, è avere, nel più breve tempo possibile, la stima da parte dei giocatori e della dirigenza. Quella la puoi costruire, con grande pazienza, solo con i fatti. Volevo esprimere questi miei concetti oggi perché penso di avere raggiunto il mio obiettivo primario proprio nella gara di sabato. Con la disponibilità dei ragazzi, ho praticamente sperimentato tutte le teorie che vi avevo descritto negli articoli e, per l’ennesima volta, hanno dato grandi soddisfazioni a me, ma anche a tutti quelli che hanno collaborato con il loro apporto alla realizzazione dei miei convincimenti. Con tutto questo non voglio dire che siamo arrivati e dobbiamo mollare, anzi, adesso viene il bello. Con la serenità che ci da la classifica, da oggi si deve fare di più e cercare di realizzare un obiettivo sempre più avanti. Adesso diventa anche divertente questo lavoro. In qualsiasi sport, ma anche nella vita, spostare sempre l’asticella più avanti deve essere un dovere, anche perché lo dobbiamo nei confronti sia di chi ci paga ma anche di chi, come i tifosi, si aspettano da noi sempre il massimo dell’impegno. Posso dire, per concludere, che sono convinto che questi ragazzi per l’impegno non deluderanno ne me ne voi.
Gigi Cagni
Il ritiro
21 dicembre 2009Il ritiro, quando le cose non vanno bene, è una panacea che viene usata solo in Italia. Lo si fa esclusivamente per soddisfare il desiderio dei tifosi che, nel momento in cui la squadra non funziona, pensano sia perché i giocatori non fanno la vita da atleti, ma quando i risultati sono buoni concedono agli stessi di fare quello che vogliono, come uscire in discoteca e stare in giro tardi la notte. Le contraddizioni che ci sono nella gestione delle squadre in Italia sono molteplici ma questa è la più eclatante. Chissà perché alla fine si debbano sempre trovare degli ALIBI ai giocatori invece di metterli davanti alle loro responsabilità. Ve lo dice chi per anni a S.Benedetto del Tronto, negli ultimi due tre mesi di campionato era costretto a emigrare fin dal giovedì in altri lidi. Il tutto perché c’era un gruppo di tifosi, se così si potevano chiamare,che non permetteva di fare allenamento in tranquillità. Solo da noi sei costretto ad allenarti con la Digos a presidiare il campo. Forse sarebbe più opportuno educare i nostri atleti ad imparare come si deve fare questo mestiere per non creare situazioni incontrollabili, magari si potrebbe tornare a pronunciare la parola SACRIFICIO con cognizione di causa. Fare il calciatore oggi è sicuramente più difficile perché il calcio moderno è più atletico e per rimanere a certi livelli per tanto tempo – vedi Zanetti dell’Inter – devi fare una vita con delle regole ferree per alimentazione e il ricupero fisico specialmente dopo ogni massimo sforzo, per esempio la partita di campionato. Con i ritiri forzati difficilmente risolvi situazioni di difficoltà di risultati. Proprio perché ne ho fatti tanti posso affermare, con cognizione di causa, che non sono sicuramente il rimedio più efficace per fare cambiare le cose, altrimenti sarebbe facile per tutti, nel momento in cui le cose non funzionano andare in ritiro e far tornare i risultati positivi. Come al solito la verità sta nel mezzo e cioè, solo in casi estremi e in situazioni particolari, potrebbe essere un rimedio efficace, ma non IL RIMEDIO. Costringere una squadra ad andare in ritiro è una sconfitta del sistema perché non è certamente un elemento della gestione su cui costruire qualche cosa di solido e duraturo. Se si arriva a questo vuol dire che si è sbagliato molto nelle componenti più importanti. Il mio sogno è sempre stato quello di arrivare ad essere come nel Football Americano e cioè che ogni giocatore si debba gestire singolarmente nella preparazione atletica e l’allenatore debba fare solo la parte tecnico tattica, anche perché, essendo pagati profumatamente per rendere al massimo ,hanno nei loro contratti delle penali onerose in caso non si attengano a comportamenti consoni alla vita da atleta. Non credo sia utopia pensare a un futuro del nostro calcio senza RITIRI con giocatori più responsabilizzati e una tifoseria senza eccessi.
Gigi Cagni