La Gazzetta dello Sport – 27 agosto 2014
27 agosto 2014Che lo spettacolo abbia inizio
11 marzo 2014Gazzetta del 9 marzo ”Il calcio italiano non è più competitivo eppure spende troppo e non ha idee”, soluzione : tetto alle rose, torneo a 18 squadre e nuovi ricavi.
Che noi si debba cambiare le strutture e il modo di creare business con riforme di sistema, è indubbio.
Ma se si pensa di risolvere tutto in questo modo non credo andremo molto lontano.
Mi soffermerei sul termine “idee”, aggiungendo, miglioramento della cultura calcistica e di avvicinamento ad una mentalità europea di “spettacolo”.
Forse non si è capito che in tutti i paesi europei il “risultato” non è al primo posto nella mentalità sportiva.
Il primo pensiero, per loro, è fare stare comodi gli spettatori e farli divertire con un calcio offensivo e non necessariamente legato al risultato.
Il secondo è usare i media per informare e non per creare polemiche.
Detto questo, secondo me, è inutile fare nuove regole e cambiamenti strutturali se non si cambia la cultura (calcistica naturalmente) e il modo di informare.
Sono stufo di sentire in qualsiasi trasmissione di qualsiasi tipo, dire che viene mandato in onda quello che la gente vuole e che se non ci fossero polemiche o scandali non la guarderebbe nessuno.
Non siamo così retrogradi e ignoranti, anzi.
Perché non iniziare a fare il contrario.
Non so quanti siano gli italiani che guardano le trasmissioni sportive ma, sicuramente, se ci fossero più approfondimenti tecnici con immagini e meno moviole con estenuanti dibattiti polemici, gli spettatori aumenterebbero.
Farei anche trasmissioni con arbitri che spiegano il regolamento visto che, alle volte, anche gli addetti ai lavori non lo conoscono.
Farei vedere come le due tifoserie all’estero: entrano, si siedono, fruiscono della partita, escono e se ne tornano a casa.
Cercherei di fare diventare il calcio un argomento di crescita culturale e civile per renderlo accessibile a tutti, soprattutto i giovani.
Non vorrei più sentire gente che dice: ”basta non porto più mio figlio allo stadio perché ho paura”.
Quindi ribadisco il concetto che mi premeva dire.
Non è che se fai la serie A a 18 squadre o riformi il sistema riesci a rimediare il gap con il resto dell’Europa.
Quello che serve a noi è che tutti si muovano per far avere al “vero tifoso calcistico italiano” il luogo più adatto per godersi uno spettacolo emozionante ma, al tempo stesso, privo di pericoli e stress inutili.
Gigi Cagni
FACCIAMOLO!
16 luglio 2012Titolo della Gazzetta “Gioielli anticrisi, la serie A deve puntare sui giovani”.
Anche quest’anno si inizia con i buoni propositi, poi???
Negli anni passati stessi discorsi sia per i giocatori che per gli allenatori con la solita conclusione, un numero imprecisato di bluff di stranieri e più di 40 allenatori cambiati fra A e B (senza quelli della Lega Pro).
Sono curioso di vedere cosa succederà quest’anno.
Perché devo essere così pessimista?
Sarà perché siamo un paese che ha mille risorse di tutti i tipi ma non siamo capaci di sfruttarle?
Sarà perché conosciamo perfettamente le soluzioni ma nessuno inizia a metterle in pratica perché si aspetta sempre che lo faccia l’altro?
A me non interessa quali siano stati i veri motivi per cui il Milan ha venduto due prezzi pregiatissimi, mi piace pensare che sia vero che lo ha fatto per il Fair Play Economico e che abbia aperto la strada per un futuro di serietà del nostro calcio sia economica che di tipo organizzativo-strutturale.
Se non prendiamo al volo questa occasione rimarremo ultimi in questa Europa che sta cercando la soluzione giusta a tutti i problemi.
Lo so che non siamo abituati a PROGRAMMARE a lungo termine perché abbiamo la cultura del tutto e subito, ma le culture si possono cambiare, anzi, questa è l’occasione giusta per farlo.
Se perdiamo questo treno diventeremo come il terzo mondo.
E’ da molto tempo che dico che bisognerebbe fare un anno senza retrocessioni e promozioni trovando un meccanismo per non pesare economicamente sulle società virtuose e, nel contempo, eliminare quelle che non possono mantenere la categoria.
Già entro il 2014 si dovrà, comunque, arrivare al pareggio per rimanere nelle regole del fair play, quindi è l’occasione giusta per tornare ad essere il campionato più bello del mondo con una base strutturale solida per il futuro dei nostri giovani allenatori e calciatori.
Da quanti anni si dice “Investiamo sui settori giovanili”? Facciamolo!
“Nelle società professionistiche non RISPARMIAMO sugli allenatori che devono crescere questi giovani con tutti i criteri adatti a fare i professionisti”. Facciamolo!
“Costruiamo stadi adatti a un calcio spettacolare”. Facciamolo!
“Programmiamo le stagioni future senza fibrillazioni e isterismi” (mi riferisco ai presidenti e alle Federazioni)”. Facciamolo!
“Impariamo ad essere leali nei principi della sportività e dell’etica con comportamenti che siano consoni a questi principi (il riferimento non è soltanto ai professionisti ma anche ai tifosi a cui non interessa tanto COME si vince ma VINCERE)” Facciamolo!
“Insegniamo ai nostri calciatori il vero valore della maglia e quanto siano importanti i loro comportamenti per l’esempio che danno ai giovani”. Facciamolo!
“Stampa e televisione ISTRUISCANO al calcio giocato e non alla polemica non costruttiva che esaspera gli animi.
Facciamo che siano i giornalisti PROFESSIONISTI a divulgare tutte le notizie specifiche”. Facciamolo!
“Iniziamo dalle scuole primarie a incentivare ogni tipo di sport e insegnare la cultura della lealtà sportiva”. Facciamolo!
Chissà quante altre idee e proposte possono essere inserite in questo contesto.
Fatele!
L’importante è che abbiano lo scopo di salvaguardare lo sport più amato in Italia ma anche la cultura di tutti gli sport nazionali.
Gigi Cagni
Reja – Del Neri : omaggio all’esperienza
2 novembre 2010Anche se sta piovendo e il mare è in burrasca da tre giorni, dopo avere letto l’ articolo di LUIGI GARLANDO sulla Gazzetta dello Sport in cui si parla di Reja e Del Neri, mi sento orgogliosamente coetaneo di allenatori che stanno dimostrando quanto sia semplice il calcio,e non pieno di strane alchimie.
Finalmente qualcuno che ha capito l’importanza, nel calcio moderno, di allenatori di esperienza. Il punto sta nella parola “MODERNO”.
I presidenti associano la parola a GIOVANI. Cioè pensano che per fare il calcio moderno è necessario avere allenatori giovani, perché quelli che lo sono meno – giovani naturalmente -,non sanno interpretarne l’attualità. Premettendo che, tutti gli allenatori giovani italiani sono molto bravi nella conoscenza dei sistemi di gioco, non lo possono essere altrettanto nella loro interpretazione. La ragione è semplicissima e di facile intuizione. Mi ricordo spesso cosa mi disse – ero ancora giocatore negli anni 80 – Biagio Govoni vecchio direttore sportivo a S.Benedetto, intuendo che avrei fatto l’allenatore: ”Non avere fretta, fai il settore giovanile per iniziare, non volere subito i grandi club, imparerai cose che poi ti serviranno molto e ti permetteranno di sbagliare meno”.
Aveva perfettamente ragione, quello che ho imparato nella primavera del Brescia e poi a Cento in C2, mi hanno permesso di andare a Piacenza e vincere il campionato di C1 e poi tutto il resto. In quei primi anni ho sperimentato tutto quello che poi sarebbe diventato un bagaglio determinante per tutta la mia carriera.
Dalla preparazione fisica (nei primi due anni da professionista l’ho fatta io, poi ho avuto la collaborazione del prof.Ambrosio) alla tattica e alla gestione del gruppo, forse la più difficile oggi da fare. Nella mia carriera di giocatore ho disputato 600 gare ufficiali, da allenatore circa 700, non una uguale all’altra,magari simili ma uguali mai. Lo dimostra il fatto che tante volte ho fatto le STESSE mosse tattiche in gare diverse, ma l’esito è stato completamente diverso.
Il calcio ha così tante varianti nel suo svolgersi che non c’è nessuno che può dire di conoscerlo. Se qualcuno vi dice che capisce di calcio mandatelo da me che gli dimostro subito quanto non sia vero.
Eppure è semplice ed è alla portata di tutti, soprattutto oggi con i mezzi di comunicazione a disposizione. Ma è proprio questo il punto, la grande esposizione mediatica ha fatto si che LO SI FACESSE DIVENTARE UNA SCIENZA e che i NON-SCIENZIATI non fossero in grado di farlo interpretare. Quando, invece, il segreto sta proprio nella sua SEMPLICITA’.
Nella partita ci sono due cose da conoscere fondamentali tattiche e cioè: LA FASE DIFENSIVA E QUELLA OFFENSIVA.
Poi, siccome il calcio moderno, aimè, è più fisico che tecnico, ci vuole una grande condizione psico-fisica. E, infine, siccome tutti siamo esposti ai riflettori dei mezzi di informazione, devi essere preparato a sopportare tutti i pregi e i difetti di questa condizione.
Le pressioni e l’esposizione mediatica sono le più difficili da gestire. Il tutto non si impara in breve tempo e con poche partite. Puoi avere disputato 1000 gare da giocatore ma quando passi dall’altra parte è tutto un mondo diverso, soprattutto perché sei SOLO nelle decisioni e da SOLO ne devi sopportare gli insuccessi quando, invece, i successi sono condivisi.
Detto questo, non ho voluto scrivere questo articolo per tirare l’acqua al mio mulino, ma solo per rendere omaggio a due allenatori di una certa età che stanno dimostrando il loro valore in questo calcio MODERNO E STRESSATO.Gigi Cagni
….Notti tragiche….
25 giugno 2010La Nazionale a casa, Lippi in croce, giocatori scarsi e vecchi o giovani e
inesperti, la Federazione non si sa che colpe abbia però le ha, e se ci fossero stati Cassano e Balottelli sicuramente non avremmo fatto questa figuraccia, e poi chi più ne ha più ne metta.
Fra 2-3 gg, finita la sbornia e l’interesse delle televisioni e dei giornali, si ricomincia con Prandelli e tutto ritorna come prima.
Sacchi ha scritto un articolo sulla Gazzetta dello Sport che rispecchia quello che è il mio pensiero da qualche anno.
Il titolo è azzeccato: ”LA CRISI DEL NOSTRO SISTEMA“ e sviscera tutti i mali della nostra SOCIETA’ calcistica, partendo dagli stadi obsoleti, alla violenza che esplode ogni domenica, passando per i debiti delle società e i settori giovanili che pochi curano come si dovrebbe. Alla fine dice che la cosa da fare sarebbe di comprendere i motivi per cui accadono certi fatti e non giudicarli aspramente per poi abbandonarli senza fare niente per risolverli.
Ci sarà pure un motivo di importanza vitale per il futuro se l’unica squadra Italiana che ha fatto bene a livello internazionale è stata l’Inter, composta tutta da stranieri,mentre le altre squadre sono state tutte eliminate? Ci sarà pure un motivo serio e valido se nei nostri campionati professionistici vengono cambiati, di media, 40 allenatori all’anno?
Oggi l’allenatore più “scarso” in Italia è Lippi, e Marcello lo sa.
Si è preso tutte le responsabilità, come è giusto che sia, e sa anche di essere solo, fa parte del nostro mestiere e vi posso assicurare che è la parte più difficile da metabolizzare.
Comunque il sistema è questo e devi accettarlo sia nel bene che nel male. Ma il punto per me focale, ed è quello su cui si dovrà lavorare, è la mancanza di personalità e di cultura tecnico- tattica da parte dei giocatori.
La società moderna sta sfornando dei giovani di qualità, in tutti i campi, ma senza la preparazione necessaria per affrontare situazioni di grande stress psicologico.
Arrivano in fretta, guadagnano molto,gli si fa credere che basta sapersi “VENDERE” mediaticamente per rimanere in auge, che tutto gli è dovuto perché sono un capitale (apro questa parentesi per dire che non ho mai capito perché quando uno fa un bel campionato chiede un ritocco sul contratto che già ha e non gli si può invece calare lo stipendio quando fa un campionato mediocre) e che devono pensare alla loro prestazione senza guardare molto al risultato della squadra.
Hanno un sacco di persone che li accudiscono e che fanno i loro interessi togliendogli ogni responsabilità ma,così facendo ,gli impediscono di crescere facendo errori che poi gli servirebbero per affrontare problemi più grossi. Non voglio difendere Lippi perché non ne ha bisogno, ma io ho fatto il calciatore per 20 anni, mi sono trovato in situazioni difficili dove mi sono preso delle responsabilità sul campo mettendo in atto quelle che erano le mie qualità sia tecniche che tattiche.
I gol che abbiamo preso sono il frutto di una non preparazione tecnico tattica di base. La concentrazione e la posizione giusta sul campo non DEVE dartela l’allenatore della Nazionale ma deve essere il frutto delle tue conoscenze apprese nei settori giovanili e migliorate nelle squadre di club dagli allenatori che si sono avuti. I principi tecnico-tattici dei singoli ruoli non li alleni in 3 settimane di premondiale.
Forse è meglio che i dirigenti dei clubs italiani comincino a capire l’ importanza degli allenatori dei settori giovanili, comincino a capire che il mestiere dell’allenatore è basilare in una società calcistica moderna.
Il nostro ruolo è diventato marginale perché non siamo un capitale e nemmeno merce di scambio.
Penso sia l’unica impresa al mondo in cui il Manager, che ha in mano le sorti del capitale, abbia così poco potere e neanche una grande considerazione se non quando la situazione è di grande difficoltà e si hanno paure di fallimento (in quei momenti i consiglieri e gli pseudo amici spariscono per poi tornare quando le cose migliorano).
Penso che dal risultato negativo in questo mondiale dovremmo trarre il più importante dei segnali per RISTRUTTURARE IL NOSTRO SISTEMA CALCIO e la cultura dei nostri calciatori per tornare ai vertici del calcio mondiale visto che ne abbiamo le potenzialità.
Gigi Cagni