Cosa mi tocca vedere…

21 ottobre 2013

Roma-Napoli 1-0 Pjanic
Iniziamo da capo perché ne sto veramente vedendo di tutti i colori e nessuno fa niente per porre rimedio, anzi.
Mi riferisco all’annosa battaglia che sto facendo per fare capire come si insegna a difendere (individualmente), a meno che, ed è un grosso dubbio che mi perseguita, non si sia capaci di farlo.
Quello che faccio in ritiro è questo:
Con tutti i giocatori do un insegnamento generale di come deve essere posizionato il corpo per affrontare l’avversario, compresi gli attaccanti naturalmente con cui, in seguito, farò un lavoro diverso individuale.
Quindi la posizione iniziale è sempre di fianco, non esagerato, e con il compasso stretto (la gamba deve essere in linea con l’anca).
Mantenendo la stessa distanza dei piedi, ci si avvicina all’avversario senza volere per forza portare via la palla che, naturalmente, deve essere sempre “vista” altrimenti non ha senso intervenire.
L’avvicinamento deve essere fatto nel modo più rapido possibile per poi frenarne l’intensità vicino all’avversario, la distanza giusta è data dal contatto di una mano, leggera, al corpo e dalla possibilità, piegandosi leggermente, di vedere sempre la palla.
Fatto questo dipende dalle proprie doti naturali capire se cercare di intervenire o meno in riferimento, naturalmente, alla posizione sul campo e a quella dei compagni (se hai la copertura o no).
Poi insegno il contrasto per me determinante perché, se sei forte nell’uno contro uno, dai sicurezza e coraggio per qualsiasi tipo di richiesta nella fase difensiva (es. pressing alto).
Il peso del corpo deve essere tutto sulla gamba che lo fa e deve essere in verticale e non spostato da una parte o dall’altra.
Perciò è un errore se si fa il contrasto sbilanciati per essere, poi, pronti a ripartire con la palla al piede (soprattutto per i c.c.) ed avere un vantaggio.
Se dall’altra parte il contrasto viene fatto come ho detto io, lo perdi sicuramente, dai l’opportunità all’avversario di ripartire, tu sei tagliato fuori e a centrocampo ciò non è consigliabile, negli ultimi 30m ancor meno naturalmente.
Come principio generale il contrasto in scivolata deve essere fatto solo “se si è sicuri” di prendere la palla altrimenti è meglio aspettare.
In piedi puoi sempre rimediare a tutto, se sei a terra sei “morto”, quindi in posizione eretta accompagni l’avversario dove è più giusto indirizzarlo tatticamente per la tua squadra, sperando che da dietro ti diano indicazioni, altrimenti è sufficiente che non lo indirizzi e non ti faccia dribblare verso la tua porta.
Poi si passa allo specifico per i difensori, soprattutto, per gli ultimi 20m.
Non bisogna girarsi se l’avversario fa una finta, la palla la devi sempre vedere e il corpo deve essere sempre pronto a intervenire, se hai paura della pallonata è meglio che stai a casa.
Basta vederli che, in area sui cross, guardano la palla e non l’avversario.
UOMO, PORTA, PALLA.
Non può essere l’avversario fra te e la porta, vedi Cannavaro con Borriello.
La palla non entra da sola, è l’uomo che la butta dentro.
Io ero scarso di testa, eppure, ho marcato gente molto più alta di me, la prendevano loro ma non la indirizzavano bene perché io li guardavo e quando la palla arrivava facevo il contrasto aereo con il corpo, senza fare fallo naturalmente, bastava essergli addosso e non fargliela prendere bene spingendo con la spalla.
Poi ci insegnavano trucchetti che non sto a spiegare perché non regolamentari, ma anche la furbizia fa parte del gioco (a me Borriello non avrebbe tirato la maglia).
E, in fine, alleno anche la barriera.
Non metto in barriera chi ha paura e si copre la faccia o si gira.
Si salta tutti insieme uniti e, se necessario, la palla si prende in faccia altrimenti in barriera non ci vai.
Si deve rimanere uniti sempre compatti, l’uomo che va incontro deve uscire senza lasciare lo spazio fra lui e la barriera anche se l’avversario sposta la palla lateralmente.
Il portiere deve essere sicuro che da quella parte è coperto e lui deve coprire solo la parte che va dall’ultimo uomo al suo palo.
Per quanto riguarda il portiere a me non interessa che prenda la palla all’incrocio sopra la barriera se poi rischia di prendere gol sul suo palo, se fanno gol sopra perché ha sbagliato la barriera o è stato bravo l’avversario, pazienza.
E, in fine, metto il più bravo in elevazione e il più coraggioso come terzo, la palla di solito passa di lì (vedere la foto della barriera del Napoli sul gol di Pjanić).
Il tutto, poi, inserito nella fase difensiva tattica della squadra.
Ma se non conosci i principi fondamentali difensivi singoli, non potrai mai avere vantaggi in quelli di squadra, qualsiasi sia il tuo modo di interpretare la fase difensiva.

Gigi Cagni


Lo stretching

11 gennaio 2010

di Alberto Ambrosio

Nel 1980, in seguito alla pubblicazione e diffusione del libro di Bob Anderson, gli esercizi di stretching (allungamento muscolare statico) sono stati inseriti nelle routine di allenamento di pressoché tutte le discipline sportive. Le motivazioni di Anderson nel sostenere la validità dello stretching si basano essenzialmente su un’osservazione: se si vuol ottenere un allungamento della muscolatura prima dello sforzo, si devono evitare esercizi di rimbalzo perché in questo modo le strutture nervose periferiche (fusi neuromuscolari), registrando una brusca variazione di tensione e lunghezza, tendono ad accorciare la muscolatura per difenderla. Contrariamente, assumendo una posizione statica al limite della soglia della tensione avvertita si abituano le medesime strutture ad un incremento in lunghezza delle fibre muscolari. Gli esercizi di allungamento sono particolarmente utili nelle situazioni cliniche quando in seguito all’immobilizzazione di un arto o di una articolazione i tessuti molli si accorciano e con opportune procedure (spesso PNF) assistite (fisioterapista) vengono gradualmente riportati nelle condizioni iniziali cioè quelle che esistevano prima dell’infortunio. Lo stretching è consigliato per le persone anziane che si dedicano ad un’attività fisica moderata perché l’esercizio “dolce” è più adatto ad una muscolatura resa meno elastica e reattiva a causa dell’età. E nello sport agonistico ? Va precisato che gli argomenti a favore sono supportati da deduzioni scientifiche corrette e da esperienze pratiche ma non da studi rigorosi e che i pochi in circolazione fino al 2000 erano estremamente carenti.

Nel corso degli anni si sono attribuite a questa tipologia di esercizio numerose proprietà:

  1. la riduzione del rischio di incidenti muscolari, se praticata prima dell’allenamento
  2. la riduzione dell’indolenzimento muscolare, se praticata dopo l’allenamento o la gara
  3. una sensazione di un accresciuto benessere e rilassamento
  4. un incremento della forza esplosiva del muscolo e della mobilità articolare.

Nel corso degli ultimi dieci anni sono state pubblicate numerose ricerche sull’argomento che hanno analizzato i punti di cui sopra. Ultima in ordine di tempo ed assai completa riguarda 2388 atleti agonisti distribuiti tra Australia, Norvegia e Stati Uniti  e specialisti dell’atletica, del ciclismo del calcio e del nuoto.

I risultati sono stati pubblicati nell’agosto 2008 e si possono tradurre in alcune osservazioni pratiche:

  1. Gli esercizi di stretching prima dell’allenamento o della competizione non hanno alcuna efficacia preventiva sul rischio d’infortunio.
  2. Gli esercizi svolti dopo l’allenamento non riducono il dolore da affaticamento sia che vengano effettuati subito dopo l’allenamento che nei giorni successivi.
  3. Gli esercizi effettuati prima della gara non migliorano la prestazione.
  4. Solo su periodi lunghi possono portare ad un miglioramento dell’estensibilità muscolare.
  5. Questa condizione è più utile in alcune discipline come la ginnastica artistica, la danza, i tuffi, mentre è meno determinante nel calcio nel basket o nella pallavolo.
  6. Nessuno è in grado di dire quale sia lo stato di flessibilità più congeniale alle diverse discipline.
  7. Lo stretching non è una componente indispensabile nella fase di riscaldamento, tuttavia può essere, individualmente, un utile componente aggiuntiva.

Gli esercizi di allungamento statico effettuati dopo un intenso  lavoro muscolare (partita o allenamento) non facilitano il drenaggio muscolare a causa del tipo di compressione che innescano localmente. La muscolatura immediatamente dopo essere stata sottoposta a tensioni violente e ripetute può presentare delle microlesioni diffuse. Se si eseguono esercizi di allungamento statico è possibile provocare un aumento delle piccole interruzioni del tessuto muscolare causando una contrazione riflessa di difesa, il contrario di quanto si vuole ottenere.

Trattandosi di un blog l’argomento è esposto in modo estremamente sintetico e semplice, sono suggerimenti per una riflessione più ampia e documentata, maggiori notizie e riferimenti bibliografici si possono reperire su “Aspetti neuromuscolari della prestazione nel gioco del calcio” vedi  in Bacheca.

Alberto Ambrosio