Viaggiare, visitare nuovi paesi e culture, scambiare le proprie esperienze con altri colleghi che ne vivono di diverse, questo è quello che ora (non avendo squadra naturalmente) mi appassiona e rende eccitante la mia vita.
Sono appena tornato da Dubai, dove sono stato per una settimana per trovare il mio ex compagno di squadra nella Sambenedettese per due anni, Walter Zenga.
Erano anni che mi ripromettevo di fare questo viaggio sia per rivedere lui, sia per parlare delle sue esperienze nei campionati Arabi, che toccare con mano la realtà di una città costruita dal nulla nel deserto.
Come sempre, quando torno e arrivo sul suolo italiano , mi dico “ma come c…o è che siamo eccellenze in tutto, le esportiamo e noi non ne usufruiamo?”.
Una cosa in cui, per ora, siamo ancora avanti nei confronti dei Paesi Arabi è sicuramente il calcio, ma stiamo facendo di tutto per farci raggiungere e sorpassare anche in quello.
Penso, comunque che non accadrà, ma solo perché a loro interessa poco.
Preferiscono guardare il calcio Europeo in televisione che andare allo stadio.
Naturalmente, le strutture e gli stadi sono eccellenti.
Il loro calcio non è a grande velocità ma tecnicamente di buon livello, tatticamente invece sono carenti, ma poco importa, infatti, mi diceva Walter, che il lavoro tattico per loro è di difficile apprendimento, ecco perché la maggior parte degli allenatori sono Brasiliani.
Anche se ha deciso di vivere a Dubai pure lui sta andando in giro ad aggiornarsi e vede partite tutti i giorni di tutti i campionati del mondo.
Avendo vissuto esperienze in molti paesi (Romania, Italia, Turchia, America, Arabia Saudita e Emirati) mi ha potuto illustrare una varietà infinita di esempi di situazioni differenti da paese a paese, sia tattica che di gestione della squadra.
Chiaramente noi siamo ancora i più bravi per quanto riguarda l’aspetto prettamente tattico.
La parte atletica ha raggiunto invece, ovunque, un livello di eccellenza.
Dove c’è parità assoluta è nell’esonerare gli allenatori, ovunque questo accade con frequenza e nello stesso stile, non fai i risultati, ti mando via.
Negli Emirati e in Arabia ancor di più perché gli sceicchi vogliono solo vincere e non amano essere inferiori ad altri.
Comunque il piacere più grande è parlare con un amico-collega che ha la tua stessa passione e la voglia continua di migliorarsi e aggiornarsi, che parla il tuo stesso linguaggio anche con idee diverse, che trasuda desiderio di andare su un campo a “insegnare” calcio tramite le proprie esperienze e l’amore per questo lavoro.
Torno e leggo “Lotito, Parma, settori giovanili, penalizzazioni in B ecc….” che tristezza!!!!!!!
Gigi Cagni
IL PALLONE DEGLI SCEICCHI
25 febbraio 2015Non perdiamo l’occasione
30 settembre 2013Condizione psico-fisica, qualità tecniche e sistema di gioco adatto alle caratteristiche dei giocatori.
Non c’è nessun segreto in quello che sta accadendo ai vertici della classifica di serie A.
Guarda caso tutte le prime 4 hanno “la fase difensiva” migliore.
Certo, la fase difensiva, perché i tecnici hanno fatto capire agli attaccanti che devono essere i primi difensori per aggredire l’avversario più alto e rimanere più corti e compatti.
Poi anche le qualità dei singoli difensori (sicuramente anche allenati nello specifico) hanno avuto la loro parte.
Guarda caso 3 fanno il 3-5-2 o il 4-3-3 e la quarta, il Napoli, cambia spesso modulo da c.c. in sù mantenendo sempre i 4 dietro anche se, sono curioso, voglio vedere cosa farà Benitez contro le grandi.
Ma tutte e 4 hanno attaccanti che rientrano, si sacrificano e coprono tutta la linea d’attacco.
Adesso si parlerà di trasformazione del calcio e si discuterà dell’importanza della fase difensiva.
Basta con le mode in riferimento all’andamento dei campionati.
Parliamo di calcio in modo serio, diamo la dimensione giusta agli avvenimenti.
Guarda caso in tutti i paesi Europei il modulo è quasi sempre lo stesso e gli stadi sono pieni e il pubblico si diverte.
Siamo solo noi che diamo i numeri pensando di far crescere l’interesse e, invece, creiamo solo confusione non soltanto negli spettatori ma anche negli allenatori giovani.
L’anno scorso, allo Spezia, ho cambiato la posizione in campo ad un giocatore (perché l’allenatore avversario, che stava perdendo, aveva messo un giocatore fra le linee), così un suo compagno si è avvicinato alla panchina e mi ha chiesto: “che modulo giochiamo?” Ho risposto: “ secondo te è determinante visto che ho cambiato solo la posizione di uno di voi?”
Secondo me quello che sta accadendo è solo la conseguenza di avere allenatori esperti che sanno cosa vuol dire equilibrio e sacrificio, oltre ad avere la serenità della conoscenza di saper mettere i giocatori nella loro posizione naturale senza invenzioni.
I moduli essenziali sono tre, che possono avere qualche variazione, ma sono sempre tre.
Non fatevi fuorviare dai numeri mediatici e modaioli, creeranno confusione in voi ma, soprattutto, nei vostri giocatori.
Spero che le squadre in vetta non snaturino i loro principi anche in caso di situazioni negative, abbiamo bisogno di razionalità e semplicità e, forse, torneremo a divertirci e a crescere anche senza una marea di top players.
Gigi Cagni
Emozioni indelebili
20 Maggio 2013Ne vale veramente la pena.
Tutti i mesi fermo ad aspettare una telefonata per tornare su un campo da calcio a esprimere tutto quel bagaglio tecnico e umano che contraddistingue noi allenatori “esperti”.
Sì, ne vale proprio la pena se poi hai un risultato di espressione di stima, da parte di una tifoseria calda e passionale, che ti dedica uno striscione toccante e un applauso finale da brividi.
Il bello e il brutto di questo lavoro che è pieno di contraddizioni.
Ma io cerco di cogliere e immagazzinare solo le cose che mi possono fare crescere e migliorare per proseguire, senza mai abbassare lo sguardo, questo lavoro che ho avuto la fortuna di fare da 43 anni.
Dico 43 anni perché anche i 20 anni da calciatore li ho vissuti con la stessa intensità e emozionalità.
Tre mesi allo Spezia hanno contribuito in modo esponenziale alla mia crescita professionale.
Ma non solo.
Sono arrivato in un momento delicatissimo sotto il profilo psicologico, in un ambiente depresso dal risultato della gara interna contro il Novara.
Sapendo, però, che la squadra aveva dei valori tecnici e che avrei trovato un ambiente, tifoseria e stadio, adatti al mio modo di concepire una partita di calcio.
Ero certo, e lo sono sempre stato, che sarei riuscito ad ottenere l’obiettivo che mi era stato richiesto.
Più andavo avanti nel lavoro e più mi arrabbiavo perché non riuscivo a capire il motivo per cui, questa squadra, non stava facendo il campionato che, tecnicamente, avrebbe “potuto” fare.
Piano piano, con pazienza e con alti e bassi, ci siamo tolti delle belle soddisfazioni.
Ma mai avrei pensato di vivere un’emozione così INTENSA nella partita finale al Picco.
Grazie a tutti, quello che è accaduto sabato rimarrà indelebile per sempre.
Gigi Cagni
Siamo al giro di boa……
27 dicembre 2010Siamo quasi alla fine del girone di andata di Campionati che non hanno
sicuramente brillato per qualità e spettacolarità,anzi.
Contrariamente alle previsioni di molti “ESPERTI” non c’è stata la solita falcidia di allenatori.
Premesso che questo è avvenuto, probabilmente, per mancanza di soldi e quindi i Presidenti hanno preferito pagarne uno solo, sperando che le cose potessero cambiare naturalmente, vedrete che appena si avvicinerà la fine e avranno il timore di non raggiungere l’obiettivo, ci saranno grossi cambiamenti.
Tutta questa premessa l’ho fatta per accentuare il problema più grave, secondo me, che non permette al nostro calcio di adeguarsi al livello Europeo, e cioè la mancanza di PROGRAMMAZIONE e RISTRUTTURAZIONE delle componenti essenziali del CARROZZONE CALCIO.
Non puoi pretendere di dare uno spettacolo degno di questo nome con degli stadi che non si vedono nemmeno più nei paesi dell’Est.
Non si capisce come mai ci siano un numero notevole di imprenditori che vorrebbero costruirne di moderni, con tutti i confort, e quindi investire anche sulla squadra, ma non gli viene permesso per motivi di cui è difficile capirne la ragione.
Verrà pure da noi il momento in cui qualcuno riuscirà a permettere l’attuazione di una ristrutturazione adeguata per il rilancio di un calcio moderno che possa fare tornare la gente allo stadio, comprese le famiglie.
Abbiamo tutti gli strumenti e le potenzialità ma, come al solito, nessuno ha il coraggio di fare cose, anche impopolari, per lo sviluppo di questo settore che, oltretutto, è fra i primi 10 in Italia per produttività.
Il tutto non può non influire sulla qualità dello spettacolo calcistico.
I settori giovanili dovrebbero essere la nostra risorsa ma senza investimenti adeguati la cosa diventa difficile.
E’ chiaro che si preferisce andare a prendere giovani giocatori stranieri perché costano meno, e quindi, risparmiare sull’assunzione di allenatori professionisti che graverebbero in modo inadeguato sul bilancio.
Abbiamo l’ Università del calcio e gli allenatori più preparati ma non siamo capaci a sfruttarne le potenzialità.
Tornando ai nostri campionati, la mia impressione è stata che, già nel girone di andata, si sia pensato più al risultato che al gioco e quindi ne ha risentito lo spettacolo.
Troppa paura dell’esonero da parte degli allenatori,troppa importanza ECONOMICA la sconfitta sul campo.
Non può essere di importanza vitale una retrocessione o il non raggiungimento di un obiettivo.
Tatticamente c’è stata questa esplosione del rombo che, in molti casi, non aveva ragione di essere scelta perché non c’erano i giocatori adatti per attuarlo.
Ho visto cercare di trasformare giocatori che, di solito, o erano seconde punte o esterni offensivi,in ½ punte, con dei risultati improponibili.
Non so per quale motivo noi allenatori, alle volte, cerchiamo di emulare nostri colleghi che ottengono ottimi risultati con tattiche un po’ diverse dalla norma,senza avere giocatori adatti per praticarle.
Continua ad essere, per me e per certi miei lettori, inspiegabile il modo in cui vengono subite delle reti con errori che dimostrano la non conoscenza delle basi della specificità del ruolo.
Forse perché si sta esagerando nella maniacalità della parte tattica e fisica piuttosto di quella tecnica?
Come dico sempre, se tutto funzionasse come dovrebbe, questo lavoro andrebbe fatto nei settori giovanili con allenatori preparati a farlo, e non da quelli della prima squadra.
Lo dico da anni, il mio sogno sarebbe fare come nel calcio americano e cioè: la preparazione fisica responsabilità individuale del giocatore (con quello che guadagnano), quella tecnica specifica dal trainer e, infine, quella tattica dall’allenatore in prima che perciò diventerebbe come il COACH americano.
Non voglio fare come quelli che criticano e basta, senza proporre niente, solo per il gusto di criticare il sistema.
Quindi, siccome penso che la filosofia di un passo alla volta paghi, secondo me la costruzione di stadi di proprietà è la cosa necessaria e primaria per poi, di conseguenza, arrivare alla soluzione di tutte le altre problematiche. Buon anno a tutti.
Gigi Cagni
Reja – Del Neri : omaggio all’esperienza
2 novembre 2010Anche se sta piovendo e il mare è in burrasca da tre giorni, dopo avere letto l’ articolo di LUIGI GARLANDO sulla Gazzetta dello Sport in cui si parla di Reja e Del Neri, mi sento orgogliosamente coetaneo di allenatori che stanno dimostrando quanto sia semplice il calcio,e non pieno di strane alchimie.
Finalmente qualcuno che ha capito l’importanza, nel calcio moderno, di allenatori di esperienza. Il punto sta nella parola “MODERNO”.
I presidenti associano la parola a GIOVANI. Cioè pensano che per fare il calcio moderno è necessario avere allenatori giovani, perché quelli che lo sono meno – giovani naturalmente -,non sanno interpretarne l’attualità. Premettendo che, tutti gli allenatori giovani italiani sono molto bravi nella conoscenza dei sistemi di gioco, non lo possono essere altrettanto nella loro interpretazione. La ragione è semplicissima e di facile intuizione. Mi ricordo spesso cosa mi disse – ero ancora giocatore negli anni 80 – Biagio Govoni vecchio direttore sportivo a S.Benedetto, intuendo che avrei fatto l’allenatore: ”Non avere fretta, fai il settore giovanile per iniziare, non volere subito i grandi club, imparerai cose che poi ti serviranno molto e ti permetteranno di sbagliare meno”.
Aveva perfettamente ragione, quello che ho imparato nella primavera del Brescia e poi a Cento in C2, mi hanno permesso di andare a Piacenza e vincere il campionato di C1 e poi tutto il resto. In quei primi anni ho sperimentato tutto quello che poi sarebbe diventato un bagaglio determinante per tutta la mia carriera.
Dalla preparazione fisica (nei primi due anni da professionista l’ho fatta io, poi ho avuto la collaborazione del prof.Ambrosio) alla tattica e alla gestione del gruppo, forse la più difficile oggi da fare. Nella mia carriera di giocatore ho disputato 600 gare ufficiali, da allenatore circa 700, non una uguale all’altra,magari simili ma uguali mai. Lo dimostra il fatto che tante volte ho fatto le STESSE mosse tattiche in gare diverse, ma l’esito è stato completamente diverso.
Il calcio ha così tante varianti nel suo svolgersi che non c’è nessuno che può dire di conoscerlo. Se qualcuno vi dice che capisce di calcio mandatelo da me che gli dimostro subito quanto non sia vero.
Eppure è semplice ed è alla portata di tutti, soprattutto oggi con i mezzi di comunicazione a disposizione. Ma è proprio questo il punto, la grande esposizione mediatica ha fatto si che LO SI FACESSE DIVENTARE UNA SCIENZA e che i NON-SCIENZIATI non fossero in grado di farlo interpretare. Quando, invece, il segreto sta proprio nella sua SEMPLICITA’.
Nella partita ci sono due cose da conoscere fondamentali tattiche e cioè: LA FASE DIFENSIVA E QUELLA OFFENSIVA.
Poi, siccome il calcio moderno, aimè, è più fisico che tecnico, ci vuole una grande condizione psico-fisica. E, infine, siccome tutti siamo esposti ai riflettori dei mezzi di informazione, devi essere preparato a sopportare tutti i pregi e i difetti di questa condizione.
Le pressioni e l’esposizione mediatica sono le più difficili da gestire. Il tutto non si impara in breve tempo e con poche partite. Puoi avere disputato 1000 gare da giocatore ma quando passi dall’altra parte è tutto un mondo diverso, soprattutto perché sei SOLO nelle decisioni e da SOLO ne devi sopportare gli insuccessi quando, invece, i successi sono condivisi.
Detto questo, non ho voluto scrivere questo articolo per tirare l’acqua al mio mulino, ma solo per rendere omaggio a due allenatori di una certa età che stanno dimostrando il loro valore in questo calcio MODERNO E STRESSATO.Gigi Cagni
Riflessioni su calcio e società
22 gennaio 2010Sono veramente deluso da tutto questo continuo discutere di come gestire il famigerato RAZZISMO negli stadi con delle soluzioni che, come al solito, vanno a discapito della maggior parte delle persone che amano il calcio.
Guarda caso le suddette persone entrano allo stadio, magari con la famiglia, si godono la partita, magari in stadi fatiscenti, ma comunque tifano e soffrono per la loro squadra in modo educato e civile, e alla fine si trovano penalizzati e costretti a dovervi rinunciare per colpa di pochi, sempre gli stessi , oltretutto conosciuti.
E’ mai possibile che nel nostro paese si conosca solo, nei casi di difficoltà, la repressione, senza avere la voglia e la pazienza di analizzare a fondo il problema e PROGRAMMARE una volta per tutte la soluzione definitiva con i mezzi idonei per farlo?
Siamo un paese di grande storia e cultura ma abbiamo un difetto, siamo MALEDUCATI.
A questa generazione non è stata insegnata l’educazione, il rispetto sia della proprietà altrui che della persona. I responsabili principali sono senza dubbio la famiglia e la scuola. Perché lo stadio è diventato un porto franco? Perché si permette di andare a viso coperto e a bruciare o sfasciare i seggiolini senza essere puniti ? Chi ha questi comportamenti non meriterebbe nemmeno di stare in una società civile.
Per realizzare una cosa che in altri paesi è normale, ci dobbiamo impegnare tutti a ristabilire un equilibrio che consenta ai veri sportivi di poter godere dello spettacolo calcistico senza paure.
Non si può prescindere, naturalmente, dall’avere strutture consone per la realizzazione di questo scopo, la costruzione di stadi adatti è di assoluta necessità. E’ chiaro che le componenti principali di questo sport non possono sottrarsi alle loro responsabilità iniziando proprio da noi allenatori.
Non è un mio vezzo il piacere di essere chiamato MAESTRO piuttosto che MISTER, il termine la dice tutta di cosa intendo. Già dai settori giovanili, oltre che alla tecnica e alla tattica, dovremmo EDUCARE i giocatori, con l’aiuto dei procuratori (che dovrebbero essere dei TUTOR per loro), al rispetto per gli spettatori che pagano, per le società che li ingaggiano ma, soprattutto, ad essere da esempio per tutti i ragazzi che li vedono come idoli da imitare.
Oggi, tutto è più veloce, compreso l’esordio che li porta al successo senza una preparazione psicologica adeguata, con le conseguenze che poi vediamo e cioè, di comportamenti non consoni al messaggio che dovrebbero trasmettere.
Chi gliele ha mai dette queste cose? Sono investiti dalla notorietà e nessuno gli ha insegnato come affrontarla e gestirla. Lo stesso vale per i dirigenti e i media, il loro messaggio è determinante, essere pacati e consapevoli dell’importanza dell’impatto che hanno sull’opinione pubblica è determinante.
Detto questo, sono ancora più convinto che il RAZZISMO non c’ entri proprio nulla con le intolleranze e gli atti sconsiderati che avvengono negli stadi.
Se non EDUCHIAMO le persone al rispetto delle regole e al rispetto reciproco non ha nessun senso interrompere le partite per pochi individui che fanno dei versi disumani, assolutamente deprecabili, ma che, a mio parere, non hanno più peso di tutte le altre manifestazioni incivili che avvengono ogni giornata in cui ci sono eventi calcistici.
Gigi Cagni