Conferenza stampa del 15 giugno 2015

15 giugno 2015


Le mie regole nell’1 contro 1

17 gennaio 2014

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Facciamo che riassumo quello che ho scritto fino ad ora sui difensori e la fase difensiva visto che, in Italia, si va sempre peggio.

Facciamo che simulo, come altre volte, di prendere una squadra e di insegnare i miei principi.

Senza riparlare della condizione fisica (determinate in tutti i ruoli ma in quello del difensore ancor di più per quello che dirò), la prima cosa che faccio è portare OGNI giocatore (sì, anche gli attaccanti, in modo diverso naturalmente) a capire l’importanza di avere sicurezza e serenità nell’uno contro uno che ti porta, di conseguenza, a non indietreggiare e a temporeggiare quel tanto che basta.

Apro una piccola parentesi, siccome mi danno del difensivista perché parlo di fase difensiva spesso, non capiscono, e non si accorgono, che io mi difendo a 30 metri dalla mia porta e in area ci finisco solo se la bravura dell’avversario mi costringe a farlo.

Non voglio vedere la mia linea difensiva, mai in linea, che indietreggia.

Superata la metà campo l’avversario con la palla deve essere aggredito.

La conseguenza è che recupero la palla a 30-40 m dalla mia porta, così, non solo ci saranno meno pericoli, ma sarò anche più vicino alla porta avversaria.

Non posso vedere due cose nei nostri campionati, di tutte le categorie: la prima, che i difensori indietreggiano fino a portare gli avversari in area prima di intervenire e, la seconda, che su ogni cross su azione o da palla inattiva, ci sono avversari soli in area.

Detto questo è chiaro che le prime doti del buon difensore e del c.c difensivo siano quelle di: rapidità, attenzione, carica agonistica “difensiva” (si distingue perché devi avere la convinzione assoluta che l’avversario non ti dribblerà e che il contrasto sarai tu a vincerlo, il contrasto infatti prima si vince con il cervello e poi con il corpo) e la conoscenza della “tecnica” specifica di come si affronta l’avversario.

Non sto a specificare la posizione del corpo, sempre su un fianco e mai diritta e con il “compasso stretto”, quando ci si prepara alla marcatura perché varia a seconda del ruolo, ma mi soffermo su cosa bisogna fare quando si deve contrastare.

La prima cosa, come ho detto prima, è essere concentrati e cattivi guardando “la palla”, mentre si fa questo ci si deve avvicinare al più presto all’avversario e fermarsi con compasso stretto e corpo leggermente curvo per dare più forza all’azione ma, soprattutto, per non essere sbilanciati se toccati duro.

Fatto questo, quando decidi di “entrare” il peso del corpo deve andare tutto sull’arto che fa il contrasto e , cosa determinante, non calciare ma rimanere fermo con il “piatto” e spostare il peso del corpo sia sul piede ma anche verso l’avversario mantenendolo di fronte.

Questo, naturalmente, è il contrasto frontale per eccellenza e lo so che ci sono quelli scivolati e di lato ma, secondo me, se ci si muove bene non ci si deve trovare in situazioni di emergenza e, se accade, preferisco che il giocatore corra verso la porta in diagonale per poi contrastare di fronte che fare scivolate pericolose (o, naturalmente, avere un compagno a protezione dello spazio).

Voi direte che in area lo spazio è ristretto.

Vero ed è il motivo per cui se insegni al meglio l’uno contro uno, vedrai che difendi più lontano dalla tua porta e i difensori saranno più sereni nell’errore perché non si troveranno mai sbilanciati e potranno sempre recuperare l’errore e, in area usando lo stesso principio, difficilmente verranno dribblati.

Nel 69 ho fatto il torneo di Viareggio con il Milan, in prestito dal Brescia, finita la semifinale vinta, Nereo Rocco, presente all’incontro, nello spogliatoio mi disse: Ciò mòna ti tè sé un bravo difensor ma tè meti troppo el culo per tera” da quel giorno non ho fatto più scivolate.

Un difensore per terra che non ha preso la palla non serve più quindi, altro insegnamento, bisogna ragionare e andare per “percentuali”.

Senza questa qualità, il difensore e il c.c., non potranno rendere al meglio in tutto il resto perché daranno sempre un vantaggio all’avversario.

Questo è il primo e determinante insegnamento da dare, poi viene tutto il resto riguardante la “tattica difensiva” e quindi il posizionamento della squadra, compreso gli attaccanti e la marcatura in area sui cross e le palle inattive.

Gigi Cagni


Cosa mi tocca vedere…

21 ottobre 2013

Roma-Napoli 1-0 Pjanic
Iniziamo da capo perché ne sto veramente vedendo di tutti i colori e nessuno fa niente per porre rimedio, anzi.
Mi riferisco all’annosa battaglia che sto facendo per fare capire come si insegna a difendere (individualmente), a meno che, ed è un grosso dubbio che mi perseguita, non si sia capaci di farlo.
Quello che faccio in ritiro è questo:
Con tutti i giocatori do un insegnamento generale di come deve essere posizionato il corpo per affrontare l’avversario, compresi gli attaccanti naturalmente con cui, in seguito, farò un lavoro diverso individuale.
Quindi la posizione iniziale è sempre di fianco, non esagerato, e con il compasso stretto (la gamba deve essere in linea con l’anca).
Mantenendo la stessa distanza dei piedi, ci si avvicina all’avversario senza volere per forza portare via la palla che, naturalmente, deve essere sempre “vista” altrimenti non ha senso intervenire.
L’avvicinamento deve essere fatto nel modo più rapido possibile per poi frenarne l’intensità vicino all’avversario, la distanza giusta è data dal contatto di una mano, leggera, al corpo e dalla possibilità, piegandosi leggermente, di vedere sempre la palla.
Fatto questo dipende dalle proprie doti naturali capire se cercare di intervenire o meno in riferimento, naturalmente, alla posizione sul campo e a quella dei compagni (se hai la copertura o no).
Poi insegno il contrasto per me determinante perché, se sei forte nell’uno contro uno, dai sicurezza e coraggio per qualsiasi tipo di richiesta nella fase difensiva (es. pressing alto).
Il peso del corpo deve essere tutto sulla gamba che lo fa e deve essere in verticale e non spostato da una parte o dall’altra.
Perciò è un errore se si fa il contrasto sbilanciati per essere, poi, pronti a ripartire con la palla al piede (soprattutto per i c.c.) ed avere un vantaggio.
Se dall’altra parte il contrasto viene fatto come ho detto io, lo perdi sicuramente, dai l’opportunità all’avversario di ripartire, tu sei tagliato fuori e a centrocampo ciò non è consigliabile, negli ultimi 30m ancor meno naturalmente.
Come principio generale il contrasto in scivolata deve essere fatto solo “se si è sicuri” di prendere la palla altrimenti è meglio aspettare.
In piedi puoi sempre rimediare a tutto, se sei a terra sei “morto”, quindi in posizione eretta accompagni l’avversario dove è più giusto indirizzarlo tatticamente per la tua squadra, sperando che da dietro ti diano indicazioni, altrimenti è sufficiente che non lo indirizzi e non ti faccia dribblare verso la tua porta.
Poi si passa allo specifico per i difensori, soprattutto, per gli ultimi 20m.
Non bisogna girarsi se l’avversario fa una finta, la palla la devi sempre vedere e il corpo deve essere sempre pronto a intervenire, se hai paura della pallonata è meglio che stai a casa.
Basta vederli che, in area sui cross, guardano la palla e non l’avversario.
UOMO, PORTA, PALLA.
Non può essere l’avversario fra te e la porta, vedi Cannavaro con Borriello.
La palla non entra da sola, è l’uomo che la butta dentro.
Io ero scarso di testa, eppure, ho marcato gente molto più alta di me, la prendevano loro ma non la indirizzavano bene perché io li guardavo e quando la palla arrivava facevo il contrasto aereo con il corpo, senza fare fallo naturalmente, bastava essergli addosso e non fargliela prendere bene spingendo con la spalla.
Poi ci insegnavano trucchetti che non sto a spiegare perché non regolamentari, ma anche la furbizia fa parte del gioco (a me Borriello non avrebbe tirato la maglia).
E, in fine, alleno anche la barriera.
Non metto in barriera chi ha paura e si copre la faccia o si gira.
Si salta tutti insieme uniti e, se necessario, la palla si prende in faccia altrimenti in barriera non ci vai.
Si deve rimanere uniti sempre compatti, l’uomo che va incontro deve uscire senza lasciare lo spazio fra lui e la barriera anche se l’avversario sposta la palla lateralmente.
Il portiere deve essere sicuro che da quella parte è coperto e lui deve coprire solo la parte che va dall’ultimo uomo al suo palo.
Per quanto riguarda il portiere a me non interessa che prenda la palla all’incrocio sopra la barriera se poi rischia di prendere gol sul suo palo, se fanno gol sopra perché ha sbagliato la barriera o è stato bravo l’avversario, pazienza.
E, in fine, metto il più bravo in elevazione e il più coraggioso come terzo, la palla di solito passa di lì (vedere la foto della barriera del Napoli sul gol di Pjanić).
Il tutto, poi, inserito nella fase difensiva tattica della squadra.
Ma se non conosci i principi fondamentali difensivi singoli, non potrai mai avere vantaggi in quelli di squadra, qualsiasi sia il tuo modo di interpretare la fase difensiva.

Gigi Cagni


Non perdiamo l’occasione

30 settembre 2013

serie-a-anteprima-600x398-933370Condizione psico-fisica, qualità tecniche e sistema di gioco adatto alle caratteristiche dei giocatori.
Non c’è nessun segreto in quello che sta accadendo ai vertici della classifica di serie A.
Guarda caso tutte le prime 4 hanno “la fase difensiva” migliore.
Certo, la fase difensiva, perché i tecnici hanno fatto capire agli attaccanti che devono essere i primi difensori per aggredire l’avversario più alto e rimanere più corti e compatti.
Poi anche le qualità dei singoli difensori (sicuramente anche allenati nello specifico) hanno avuto la loro parte.
Guarda caso 3 fanno il 3-5-2 o il 4-3-3 e la quarta, il Napoli, cambia spesso modulo da c.c. in sù mantenendo sempre i 4 dietro anche se, sono curioso, voglio vedere cosa farà Benitez contro le grandi.
Ma tutte e 4 hanno attaccanti che rientrano, si sacrificano e coprono tutta la linea d’attacco.
Adesso si parlerà di trasformazione del calcio e si discuterà dell’importanza della fase difensiva.
Basta con le mode in riferimento all’andamento dei campionati.
Parliamo di calcio in modo serio, diamo la dimensione giusta agli avvenimenti.
Guarda caso in tutti i paesi Europei il modulo è quasi sempre lo stesso e gli stadi sono pieni e il pubblico si diverte.
Siamo solo noi che diamo i numeri pensando di far crescere l’interesse e, invece, creiamo solo confusione non soltanto negli spettatori ma anche negli allenatori giovani.
L’anno scorso, allo Spezia, ho cambiato la posizione in campo ad un giocatore (perché l’allenatore avversario, che stava perdendo, aveva messo un giocatore fra le linee), così un suo compagno si è avvicinato alla panchina e mi ha chiesto: “che modulo giochiamo?” Ho risposto: “ secondo te è determinante visto che ho cambiato solo la posizione di uno di voi?”
Secondo me quello che sta accadendo è solo la conseguenza di avere allenatori esperti che sanno cosa vuol dire equilibrio e sacrificio, oltre ad avere la serenità della conoscenza di saper mettere i giocatori nella loro posizione naturale senza invenzioni.
I moduli essenziali sono tre, che possono avere qualche variazione, ma sono sempre tre.
Non fatevi fuorviare dai numeri mediatici e modaioli, creeranno confusione in voi ma, soprattutto, nei vostri giocatori.
Spero che le squadre in vetta non snaturino i loro principi anche in caso di situazioni negative, abbiamo bisogno di razionalità e semplicità e, forse, torneremo a divertirci e a crescere anche senza una marea di top players.

Gigi Cagni


Nuova figura necessaria nel calcio moderno

29 gennaio 2013

alexBene, visto che gli errori difensivi madornali continuano ad accadere nei nostri campionati, penso sia venuto il momento di proporre un pensiero che mi frulla per la testa da qualche anno.
Secondo me deve nascere una nuova figura negli staff delle squadre di qualsiasi livello.
Mi sembra intuibile, visti gli ultimi argomenti, che è quello dell’allenatore specifico sia dei difensori che della tattica difensiva di reparto.
Voi direte: “C’è già l’allenatore in seconda che dovrebbe fare questo”.
Certo che c’è in quasi tutte le squadre, ma non in tutte è un difensore di esperienza, anzi..
Quindi credo sia necessario che ci si adegui alle esigenze tecnico-tattiche che i campionati mettono in evidenza.
Da quando esistono i campionati in Italia è statistico che vince, a parte qualche caso sporadico, chi prende meno gol.
Lo posso dire per esperienza personale visto che ho vinto tre campionati e ottenuto salvezze importanti in serie A mettendo in atto questo principio.
Tutte le volte che sono subentrato a campionato in corso, per riuscire a cambiare la tendenza, sono intervenuto immediatamente nella fase difensiva da parte di tutta la squadra per dare le prime certezze e sicurezze.
Psicologicamente prendere gol è devastante, a meno che tu non riesca sempre a farne di più (la cosa è abbastanza difficile e, comunque, non può durare nel tempo).
Capendo che in un calcio così stressante in cui un allenatore deve gestire 30 giocatori, trovare il tempo per allenare i singoli e i reparti, singolarmente, con continuità, sia difficile.
Sono sempre più convinto che sia assolutamente necessario introdurre la figura di cui ho detto sopra.
Per non essere frainteso e tacciato per difensivista, aggiungo che avrebbe anche il compito di allenare la tecnica individuale per l’inizio della COSTRUZIONE del gioco.
Lo dimostra il fatto che quando prendo in mano una squadra e parlo di tattica le prime volte, per la fase difensiva inizio dagli ATTACCANTI (non che debbano fare i difensori ma che sappiano come comportarsi quando hanno la palla gli avversari sì) e quella OFFENSIVA dai difensori (smarcarsi per il possesso, il sostegno e il lancio deve far parte del loro bagaglio tecnico).

Gigi Cagni


PRINCIPI BASE

22 gennaio 2013

25161Sono appena tornato da un viaggio fuori Italia e ho letto tutti i vostri commenti sui moduli ma, soprattutto, sulla fase difensiva.
Mi sono chiesto se veramente avete letto tutto quello che ho scritto fino ad ora.
Dai vostri post mi sembra di no.
Parto ovviamente dal presupposto che ognuno è libero di leggere e interpretare, sia le gare che i singoli episodi, come ritiene giusto secondo la propria convinzione e cultura calcistica.
Mi sembra però, da quello che sto leggendo, che pochi abbiano la conoscenza dei principi fondamentali della tecnica e tattica difensiva sia singola che di reparto.
Lo vogliamo capire che a ZONA SI MARCA, nella propria zona, l’avversario con i principi della marcatura a uomo!!!!
Che nei 16 metri l’avversario deve stare fra il difensore e la porta e che la palla è L’ULTIMO riferimento!!!
E’ possibile che stiamo ancora discutendo di zona e uomo quando le due cose sono integrate e dovrebbero fare parte degli stessi principi!!!
Il tutto perché, negli anni 70, sembrava fosse un disonore marcare a uomo e quindi, come sempre in Italia, non si è approfondita la cosa e sono iniziate le ETICHETTE utili a mettere in luce le false verità che sono servite a quelli molto bravi a vendersi.
Torno a ripetere che oggi manca la scuola della tecnica specifica dei difensori, in tutti i ruoli.
Mancano le basi del sapere marcare l’uomo e questo non riguarda solo la linea difensiva ma anche la linea di c.c.

Quante volte si vedono centrocampisti che affrontano l’avversario con la posizione del corpo sbagliata e quante volte perdono il contrasto?
Conoscere i principi fondamentali del contrasto vuol dire vincerlo e se lo vinci a centrocampo vuol dire, nella maggior parte dei casi, contropiede.
Perché non si deve insegnare anche all’attaccante ad affrontare il difensore avversario senza farsi scavalcare che vorrebbe dire trovarsi immediatamente nei pressi della porta avversaria?
Detto questo poi uno sviluppa il gioco come meglio crede ma, tralasciare per la tattica i principi fondamentali è stato l’errore più eclatante di questi ultimi 20 anni.
Guarda caso siamo andati sempre peggio.

Gigi Cagni