Non so cosa sia successo veramente alla Lazio e non voglio entrare nel merito della vicenda. Ma nelle dichiarazioni di Bielsa ho colto una frase che penso sia la chiave di tutto per dare una piccola giustificazione a quello che sta accadendo da molti anni nel nostro campionato e che, secondo me, è una delle cause maggiori della poca qualità che si sta vedendo nei nostri campionati. La frase è questa” Per costruire una squadra che soddisfi me e faccia ottenere i risultati al club ho bisogno di andare in ritiro con un numero di giocatori BASE vicino agli 11/11 e non ai 5/11″ perché nel mio programma di lavoro, per partire al meglio, ho bisogno della rosa quasi al completo. Ripeto non voglio entrare nel merito di questa diatriba specifica ma queste dichiarazioni mi hanno fatto pensare a quando ho iniziato a fare questo lavoro. Al di là del fatto di cui ho già parlato, cioè alla scelta dell’allenatore che veniva fatta qualche mese prima della fine del campionato, la cui conseguenza era che si partiva con quasi tutta la rosa al completo per il ritiro. Il mercato era diverso, gli interessi ed anche e i giocatori erano inferiori, ma il sistema era quello giusto. La contraddizione sta nel fatto che tutte, o la maggior parte, delle squadre arrivano all’inizio della preparazione con un numero di giocatori esagerato, prendono l’allenatore all’ultimo momento e PRETENDONO RISULTATI subito. Come in qualsiasi tipo di costruzione è la base che ti permette di “edificare” al meglio, se non hai la possibilità di prepararla con criterio, dopo non puoi pretendere che stia “in piedi” bella eretta. Secondo me i Presidenti e i dirigenti di calcio oggi non hanno la minima idea delle difficoltà di un allenatore in ritiro precampionato. Non si rendono conto delle problematiche riguardanti la logistica e la programmazione giornaliera del lavoro tecnico-tattico e fisico per un allenatore con 30 giocatori. Come puoi allenare e costruire il campionato con gente che sa che se ne andrà e altri che arrivano dopo 15 giorni o addirittura, con il mercato aperto fino a fine agosto, dopo un mese. Quindi, o si dà il tempo necessario perché l’allenatore assembli un gruppo di giocatori che soddisfi le esigenze delle due parti (penso che il minimo siano almeno 10 gare di campionato) o si deve cambiare sistema e, forse, tutti ne avranno beneficio.
Non si improvvisa
28 giugno 2016
Italy players react after Italy scored a second goal during Euro 2016 round of 16 football match between Italy and Spain at the Stade de France stadium in Saint-Denis, near Paris, on June 27, 2016. / AFP / MARTIN BUREAU (Photo credit should read MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images)
E vai adesso, tutti sul carro dei vincitori.
Tutti a dire che non se lo aspettavano, che è stata una sorpresa, anche per addetti ai lavori di una certa importanza.
Qualcuno ha anche ammesso l’errore di valutazione, dando merito all’allenatore ma quasi nessuno ne ha capito il motivo vero.
Non voglio passare per presuntuoso ma, lo ammetto, per questo fatto lo sono.
Fortunatamente l’ultima intervista a livello nazionale l’ho fatta a Sky nella trasmissione “Calcio mercato” condotta da Alessandro Bonan.
Alla domanda ” cosa ne pensi della Nazionale ” ho risposto che, chiaramente, non sapevo dove sarebbe arrivata ma che avremmo fatto un ottimo Europeo sì.
La motivazione che mi ha spinto ad affermare questo è che abbiamo uno dei migliori, se non il migliore tatticamente e come leader, allenatore al mondo.
E’ da tempo che cerco di fare capire a dirigenti e Presidenti che la figura dell’allenatore oggi è molto più importante di un tempo.
Quello che sta accadendo, in Italia soprattutto, è proprio il contrario, e guarda caso facciamo fatica e il nostro campionato è quello più in crisi in Europa.
Troppo facile oggi Parlare di Ranieri, De Biasi, Ancelotti, Allegri, Spalletti, Mancini, Sarri, Gasperini Cosmi e altri.
Dobbiamo tornare al tempo in cui l’allenatore era scelto 6 mesi prima della fine del campionato.
Bisogna tornare al tempo in cui si valutavano gli allenatori per il curriculum e per quello che dimostravano sul campo, sia in allenamento che in gara, facendoli seguire da uomini della società come per i giocatori.
L’allenatore oggi è il leader, non ci sono più gli allenatori in campo (guarda caso nella Nazionale abbiamo anche quello e cioè Buffon) e quindi questa figura deve essere scelta come si sceglierebbe il General Manager di una grande azienda.
Questo vale anche per i settori giovanili naturalmente, forse ancora di più se si vuole investire in quell’ambito.
Difatti chi ottiene grandi risultati sono quelle società che hanno questa metodologia di scelta e non quella dell’improvvisazione.
Questo è il motivo per cui, da presuntuoso, ero uno dei pochi ad essere fiducioso della nostra Nazionale.
Un’altra previsione: se Conte riuscirà, in breve tempo, ad avere proprietà di linguaggio, se non quest’anno ma il prossimo, vincerà anche in Inghilterra.
Gigi Cagni
RESPECT!
20 aprile 2016Eccoci di nuovo con esoneri e situazioni indecifrabili e poco consone, secondo me, per ritornare ad essere un calcio appetibile e in linea con quello che accade in Europa.
Vogliamo proprio farci del male e continuare una caduta, tecnica, senza rete? Bene, diciamolo che così saremo pronti al disastro.
Non voglio criticare i presidenti per gli esoneri perché è un loro diritto e, quindi, facciano quello che vogliono, ma voglio mettere in risalto il fatto che la figura dell’allenatore, negli ultimi 15 anni, è stata delegittimata.
Per quello che è accaduto penso proprio che si ritenga, da parte dei dirigenti della maggior parte delle squadre di qualsiasi categoria, che la figura dell’allenatore non sia importante.
Lo si vede, non soltanto durante i campionati con gli esoneri, ma all’inizio nella scelta che avviene con parametri abbastanza discutibili (chi costa meno, quelli che accettano tutto quello che gli viene detto dalla società, l’amico dell’amico dell’amico o, addirittura nei dilettanti, chi porta lo sponsor e quindi danaro) tanto se va male lo cambiamo.
La cosa che stupisce di più è che nelle loro aziende non la pensano così e se vogliono avere successo devono prendere il meglio nel loro staff dirigenziale.
Anche nel regolamento calcistico la partita non può iniziare senza il medico in panchina ma senza l’allenatore sì.
Forse c’è qualche cosa che si deve fare per riequilibrare tutto il sistema visto che non mi sembra le cose stiano andando benissimo.
Penso, invece, che l’allenatore sia molto più importante oggi che anni fa quando, in campo, c’erano giocatori di grande personalità che facevano i “I VICE ALLENATORI” e aiutavano, soprattutto, nei momenti di difficoltà.
Non sono l’avvocato della categoria ma uno che ama il calcio e quindi il suggerimento è: tornate a scegliere il vostro Mister per capacità e curricula adatto alle vostre esigenze ma, ancor di più, sostenetelo sino a quando saranno i fatti, in modo indiscutibile, a farvi prendere decisioni drastiche.
Un’ ultima cosa “abbiate il coraggio di esonerare guardando in faccia la persona e non al telefono e, nelle dichiarazioni ufficiali, abbiate rispetto dell’uomo e della professione”.
Gigi Cagni
Rinnovarsi e rigenerarsi
12 giugno 2015
La mia più grande soddisfazione oggi non è solo il fatto che farò l’Assistant Coach a Walter Zenga in una squadra blasonata come la Samp, ma che tutto è accaduto perché la cosa l’ho cercata e voluta fortemente.
In questi due anni ho girato il mondo e fatto esperienze che mi hanno arricchito sotto ogni punto di vista.
Quante volte ho visto il mio futuro nel modo in cui ora lo vivrò.
Questa è una filosofia di vita che mi ha sempre accompagnato. Tutto quello che ho ottenuto l’ho voluto e ho fatto di tutto per ottenerlo.
Ho sempre pensato positivo e mi sono mosso di conseguenza.
L’aggiornamento e il miglioramento quotidiano sono stati la base della mia vita.
La cosa che mi inorgoglisce di più è che sono “sempre” stato “cercato” perché ho sempre “dimostrato” qualche cosa che potesse generare una proposta.
Erano due anni che mi balenava questa idea, come nel football americano, di mettere a disposizione la mia esperienza ad un tecnico di qualità e con una concezione del calcio proiettata nel futuro, senza timori, per allenare la fase difensiva di una squadra.
Mi sento come se iniziasse per me una nuova vita nel lavoro che ho amato e vissuto per 45 anni.
Rinnovarsi e accettare scommesse nuove dovrebbe essere il principio di ogni uomo che vuole bene a se stesso.
Io sono l’esempio che tutti possono realizzare i propri desideri, nel campo in cui si sentono più adatti, spostando costantemente la propria linea di arrivo sempre più avanti.
Sapendo anche che non ti regalerà niente nessuno e che tutto quello che otterrai sarà solo il frutto della tua competenza, passione e voglia di arrivare.
Mi sento come il primo giorno che mi hanno detto “lascia il lavoro che ti paghiamo (meno che a fare a l’operaio) noi” avevo 18 anni e iniziavo a fare il professionista nel Brescia Calcio.
Gigi Cagni
IL PALLONE DEGLI SCEICCHI
25 febbraio 2015
Viaggiare, visitare nuovi paesi e culture, scambiare le proprie esperienze con altri colleghi che ne vivono di diverse, questo è quello che ora (non avendo squadra naturalmente) mi appassiona e rende eccitante la mia vita.
Sono appena tornato da Dubai, dove sono stato per una settimana per trovare il mio ex compagno di squadra nella Sambenedettese per due anni, Walter Zenga.
Erano anni che mi ripromettevo di fare questo viaggio sia per rivedere lui, sia per parlare delle sue esperienze nei campionati Arabi, che toccare con mano la realtà di una città costruita dal nulla nel deserto.
Come sempre, quando torno e arrivo sul suolo italiano , mi dico “ma come c…o è che siamo eccellenze in tutto, le esportiamo e noi non ne usufruiamo?”.
Una cosa in cui, per ora, siamo ancora avanti nei confronti dei Paesi Arabi è sicuramente il calcio, ma stiamo facendo di tutto per farci raggiungere e sorpassare anche in quello.
Penso, comunque che non accadrà, ma solo perché a loro interessa poco.
Preferiscono guardare il calcio Europeo in televisione che andare allo stadio.
Naturalmente, le strutture e gli stadi sono eccellenti.
Il loro calcio non è a grande velocità ma tecnicamente di buon livello, tatticamente invece sono carenti, ma poco importa, infatti, mi diceva Walter, che il lavoro tattico per loro è di difficile apprendimento, ecco perché la maggior parte degli allenatori sono Brasiliani.
Anche se ha deciso di vivere a Dubai pure lui sta andando in giro ad aggiornarsi e vede partite tutti i giorni di tutti i campionati del mondo.
Avendo vissuto esperienze in molti paesi (Romania, Italia, Turchia, America, Arabia Saudita e Emirati) mi ha potuto illustrare una varietà infinita di esempi di situazioni differenti da paese a paese, sia tattica che di gestione della squadra.
Chiaramente noi siamo ancora i più bravi per quanto riguarda l’aspetto prettamente tattico.
La parte atletica ha raggiunto invece, ovunque, un livello di eccellenza.
Dove c’è parità assoluta è nell’esonerare gli allenatori, ovunque questo accade con frequenza e nello stesso stile, non fai i risultati, ti mando via.
Negli Emirati e in Arabia ancor di più perché gli sceicchi vogliono solo vincere e non amano essere inferiori ad altri.
Comunque il piacere più grande è parlare con un amico-collega che ha la tua stessa passione e la voglia continua di migliorarsi e aggiornarsi, che parla il tuo stesso linguaggio anche con idee diverse, che trasuda desiderio di andare su un campo a “insegnare” calcio tramite le proprie esperienze e l’amore per questo lavoro.
Torno e leggo “Lotito, Parma, settori giovanili, penalizzazioni in B ecc….” che tristezza!!!!!!!
Gigi Cagni
3 novembre 2014
Ecco il link del giornale da cui è stato estratto l’articolo: http://digital.nesoccerjournal.com/nxtbooks/seamans/nesoccerj_201411/#/32
DIARIO DAGLI STATES (SECONDA E ULTIMA PARTE)
17 ottobre 2014È finita, purtroppo, la mia esperienza americana.
Il “purtroppo” non è tanto perché qui si stia male e là bene (riguardo al concetto di organizzazione e modo di concepire lo Stato e il rispetto delle regole sicuramente sì e ciò vale anche per il calcio) ma quanto perché due mesi non sono sufficienti per imparare l’inglese. Quantomeno non abbastanza per sostenere dialoghi di un certo livello.
Oggi però, potrei allenare una qualsiasi squadra e farmi capire, andare in giro per il mondo e farmi capire e, certamente, capire quello che mi stanno dicendo.
I due obiettivi che mi ero prefisso li ho raggiunti.
Della mia personale conoscenza della lingua inglese a voi interessa poco, ma capire se ci fosse la possibilità di entrare nel calcio americano e portare la mia esperienza, penso di sì.
Quindi mi sono informato, sul posto, delle possibili chance che avrei potuto avere negli States.
Al momento per me nessuna, ma anche per qualsiasi allenatore Europeo.
Non mi dite di Klismann, perché in quel caso è lampante quanto gli americani siano pragmatici e pratici.
C’era il mondiale e loro dovevano fare bella figura e vedere se, con dei risultati, il soccer avrebbe potuto attecchire anche in America e, quindi, diventare un affare.
A loro difatti oggi, non interessa avere squadre con una conoscenza tattica eccezionale, non interessa avere giocatori di fama mondiale e investirci tanti soldi (su 450 giocatori della MLS solo in 6/7 superano 1 milione di dollari, lordi, di ingaggio. Hanno un tetto salariale che è 250000 dollari e la media è di 200000 sempre lordi. Là le tasse le pagano tutti). L’investimento più importante, che varia dai 300 ai 400 milioni di dollari, riguarda le strutture.
Poi penseranno a organizzare meglio i campionati e, quindi, a investire sulle squadre.
Sono le persone che vanno allo stadio quelle che poi gli permetteranno di fare il business e, quindi, a quelle hanno pensato quando hanno deciso di investire.
Anche perché oggi, ed è statistico, sono più i giovani che giocano a calcio che quelli che praticano gli sport, diciamo nazionali.
In MLS (Major League Soccer) non ci sono retrocessioni e alla fine ci sono i play off per la vittoria del campionato.
Per fare questo campionato devi avere requisiti ben precisi e cioè: stadio, strutture adeguate e possibilità economiche per avere competitività nella massima serie con standard elevati e quindi nessuna squadra, per ora, ha ritenuto economicamente conveniente salire nella massima categoria.
Poi c’è la NASL (North American Soccer League) diciamo la nostra serie B, che ha parametri diversi ma che, in questo momento, si sta strutturando e fa parte della USL (United Soccer Leagues).
Nessuna squadra, per ora, ha il settore giovanile, perché i giocatori vengono reclutati dalle University e i College (che sono poi la stessa cosa) organizzati in campionati divisi per stati, visto le distanze enormi che ci sono.
Difficilmente un giocatore di queste squadre sale di categoria perché, o è veramente un fuoriclasse e quindi può guadagnare un buon ingaggio, altrimenti non gli conviene in quanto, loro, quando escono dall’Università hanno il posto assicurato e guadagnano di più che fare i professionisti nel calcio.
Ho descritto a grandi linee senza approfondire altrimenti sarei stato tedioso.
La conclusione è che, quando poi torni in Italia, non riesci a capire perché noi non si possa fare quello che negli altri paesi è normale.
Per costruire una cosa nuova (America) o ripartire dopo una crisi (Italia) mi viene spontaneo dedurre che ci vogliano gli stessi ingredienti, con una differenza sostanziale che nel nostro caso c’è una grande bagaglio d’esperienza.
La maggior parte dei tifosi calcistici italiani sono persone sensate e intelligenti.
Per queste persone bisogna avere il coraggio di fare delle scelte.
Basterebbe dire che si ha bisogno di 4/5 anni per rimettere tutto a posto, cominciando dalle strutture adatte per le esigenze di uno spettacolo più godibile, mettendo in secondo piano l’importanza del risultato sul campo.
Ma se noi pensiamo che la cosa più importante sia: moviola in campo sì, moviola in campo no, non ne usciremo mai, anzi..
Dei campionati Italiani o di altre cose che riguardano lo specifico ne parleremo più avanti perché ho visto solo l’ultima giornata e, quindi, non ho la conoscenza, né delle squadre, né dei nuovi giocatori e nemmeno dei sistemi di gioco adottati.
A presto.
Gigi Cagni