DIARIO DAGLI STATES (SECONDA E ULTIMA PARTE)

17 ottobre 2014

Gigi Cagni Red Bulls

È finita, purtroppo, la mia esperienza americana.

Il “purtroppo” non è tanto perché qui si stia male e là bene (riguardo al concetto di organizzazione e modo di concepire lo Stato e il rispetto delle regole sicuramente sì e ciò vale anche per il calcio) ma quanto perché due mesi non sono sufficienti per imparare l’inglese. Quantomeno non abbastanza per sostenere dialoghi di un certo livello.

Oggi però, potrei allenare una qualsiasi squadra e farmi capire, andare in giro per il mondo e farmi capire e, certamente, capire quello che mi stanno dicendo.

I due obiettivi che mi ero prefisso li ho raggiunti.

Della mia personale conoscenza della lingua inglese a voi interessa poco, ma capire se ci fosse la possibilità di entrare nel calcio americano e portare la mia esperienza, penso di sì.

Quindi mi sono informato, sul posto, delle possibili chance che avrei potuto avere negli States.

Al momento per me nessuna, ma anche per qualsiasi allenatore Europeo.

Non mi dite di Klismann, perché in quel caso è lampante quanto gli americani siano pragmatici e pratici.

C’era il mondiale e loro dovevano fare bella figura e vedere se, con dei risultati, il soccer avrebbe potuto attecchire anche in America e, quindi, diventare un affare.

A loro difatti oggi, non interessa avere squadre con una conoscenza tattica eccezionale, non interessa avere giocatori di fama mondiale e investirci tanti soldi (su 450 giocatori della MLS solo in 6/7 superano 1 milione di dollari, lordi, di ingaggio. Hanno un tetto salariale che è 250000 dollari e la media è di 200000 sempre lordi. Là le tasse le pagano tutti). L’investimento più importante, che varia dai 300 ai 400 milioni di dollari, riguarda le strutture.

Poi penseranno a organizzare meglio i campionati e, quindi, a investire sulle squadre.

Sono le persone che vanno allo stadio quelle che poi gli permetteranno di fare il business e, quindi, a quelle hanno pensato quando hanno deciso di investire.

Anche perché oggi, ed è statistico, sono più i giovani che giocano a calcio che quelli che praticano gli sport, diciamo nazionali.

In MLS (Major League Soccer) non ci sono retrocessioni e alla fine ci sono i play off per la vittoria del campionato.

Per fare questo campionato devi avere requisiti ben precisi e cioè: stadio, strutture adeguate e possibilità economiche per avere competitività nella massima serie con standard elevati e quindi nessuna squadra, per ora, ha ritenuto economicamente conveniente salire nella massima categoria.

Poi c’è la NASL (North American Soccer League) diciamo la nostra serie B, che ha parametri diversi ma che, in questo momento, si sta strutturando e fa parte della USL (United Soccer Leagues).

Nessuna squadra, per ora, ha il settore giovanile, perché i giocatori vengono reclutati dalle University e i College (che sono poi la stessa cosa) organizzati in campionati divisi per stati, visto le distanze enormi che ci sono.

Difficilmente un giocatore di queste squadre sale di categoria perché, o è veramente un fuoriclasse e quindi può guadagnare un buon ingaggio, altrimenti non gli conviene in quanto, loro, quando escono dall’Università hanno il posto assicurato e guadagnano di più che fare i professionisti nel calcio.

Ho descritto a grandi linee senza approfondire altrimenti sarei stato tedioso.

La conclusione è che, quando poi torni in Italia, non riesci a capire perché noi non si possa fare quello che negli altri paesi è normale.

Per costruire una cosa nuova (America) o ripartire dopo una crisi (Italia) mi viene spontaneo dedurre che ci vogliano gli stessi ingredienti, con una differenza sostanziale che nel nostro caso c’è una grande bagaglio d’esperienza.

La maggior parte dei tifosi calcistici italiani sono persone sensate e intelligenti.

Per queste persone bisogna avere il coraggio di fare delle scelte.

Basterebbe dire che si ha bisogno di 4/5 anni per rimettere tutto a posto, cominciando dalle strutture adatte per le esigenze di uno spettacolo più godibile, mettendo in secondo piano l’importanza del risultato sul campo.

Ma se noi pensiamo che la cosa più importante sia: moviola in campo sì, moviola in campo no, non ne usciremo mai, anzi..

Dei campionati Italiani o di altre cose che riguardano lo specifico ne parleremo più avanti perché ho visto solo l’ultima giornata e, quindi, non ho la conoscenza, né delle squadre, né dei nuovi giocatori e nemmeno dei sistemi di gioco adottati.

A presto.

Gigi Cagni