di Alberto Ambrosio
Nel 1980, in seguito alla pubblicazione e diffusione del libro di Bob Anderson, gli esercizi di stretching (allungamento muscolare statico) sono stati inseriti nelle routine di allenamento di pressoché tutte le discipline sportive. Le motivazioni di Anderson nel sostenere la validità dello stretching si basano essenzialmente su un’osservazione: se si vuol ottenere un allungamento della muscolatura prima dello sforzo, si devono evitare esercizi di rimbalzo perché in questo modo le strutture nervose periferiche (fusi neuromuscolari), registrando una brusca variazione di tensione e lunghezza, tendono ad accorciare la muscolatura per difenderla. Contrariamente, assumendo una posizione statica al limite della soglia della tensione avvertita si abituano le medesime strutture ad un incremento in lunghezza delle fibre muscolari. Gli esercizi di allungamento sono particolarmente utili nelle situazioni cliniche quando in seguito all’immobilizzazione di un arto o di una articolazione i tessuti molli si accorciano e con opportune procedure (spesso PNF) assistite (fisioterapista) vengono gradualmente riportati nelle condizioni iniziali cioè quelle che esistevano prima dell’infortunio. Lo stretching è consigliato per le persone anziane che si dedicano ad un’attività fisica moderata perché l’esercizio “dolce” è più adatto ad una muscolatura resa meno elastica e reattiva a causa dell’età. E nello sport agonistico ? Va precisato che gli argomenti a favore sono supportati da deduzioni scientifiche corrette e da esperienze pratiche ma non da studi rigorosi e che i pochi in circolazione fino al 2000 erano estremamente carenti.
Nel corso degli anni si sono attribuite a questa tipologia di esercizio numerose proprietà:
- la riduzione del rischio di incidenti muscolari, se praticata prima dell’allenamento
- la riduzione dell’indolenzimento muscolare, se praticata dopo l’allenamento o la gara
- una sensazione di un accresciuto benessere e rilassamento
- un incremento della forza esplosiva del muscolo e della mobilità articolare.
Nel corso degli ultimi dieci anni sono state pubblicate numerose ricerche sull’argomento che hanno analizzato i punti di cui sopra. Ultima in ordine di tempo ed assai completa riguarda 2388 atleti agonisti distribuiti tra Australia, Norvegia e Stati Uniti e specialisti dell’atletica, del ciclismo del calcio e del nuoto.
I risultati sono stati pubblicati nell’agosto 2008 e si possono tradurre in alcune osservazioni pratiche:
- Gli esercizi di stretching prima dell’allenamento o della competizione non hanno alcuna efficacia preventiva sul rischio d’infortunio.
- Gli esercizi svolti dopo l’allenamento non riducono il dolore da affaticamento sia che vengano effettuati subito dopo l’allenamento che nei giorni successivi.
- Gli esercizi effettuati prima della gara non migliorano la prestazione.
- Solo su periodi lunghi possono portare ad un miglioramento dell’estensibilità muscolare.
- Questa condizione è più utile in alcune discipline come la ginnastica artistica, la danza, i tuffi, mentre è meno determinante nel calcio nel basket o nella pallavolo.
- Nessuno è in grado di dire quale sia lo stato di flessibilità più congeniale alle diverse discipline.
- Lo stretching non è una componente indispensabile nella fase di riscaldamento, tuttavia può essere, individualmente, un utile componente aggiuntiva.
Gli esercizi di allungamento statico effettuati dopo un intenso lavoro muscolare (partita o allenamento) non facilitano il drenaggio muscolare a causa del tipo di compressione che innescano localmente. La muscolatura immediatamente dopo essere stata sottoposta a tensioni violente e ripetute può presentare delle microlesioni diffuse. Se si eseguono esercizi di allungamento statico è possibile provocare un aumento delle piccole interruzioni del tessuto muscolare causando una contrazione riflessa di difesa, il contrario di quanto si vuole ottenere.
Trattandosi di un blog l’argomento è esposto in modo estremamente sintetico e semplice, sono suggerimenti per una riflessione più ampia e documentata, maggiori notizie e riferimenti bibliografici si possono reperire su “Aspetti neuromuscolari della prestazione nel gioco del calcio” vedi in Bacheca.
Alberto Ambrosio
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Buonasera mister,
ho letto con attenzione il suo articolo ed i successivi commenti in quanto cercavo approfondimenti da google sul tema.
Vedo che la discussione è un po’ datata ma vorrei ugualmente portare la mia esperienza in merito.
Da alcuni anni mi dedico all’allenamento di una squadra dilettantistica, seppur non come primo allenatore, mi occupo in primis della preparazione atletica.
Sul tema dello stretching post-sforzo ho letto molte idee, spesso contrapposte fra loro.
Personalmente, sia da giocatore, che da “tecnico”, ho tratto notevoli vantaggi.
Vorrei dunque separare le due esperienze.
Dapprima aggiungo delle argomentazione da sportivo praticante.
Negli anni passati ho spesso palesato dei problemi di carico muscolare, che soprattutto mi limitavano i movimenti, rendendomi meno agile e meno scattante. Li avvertivo soprattutto a livello lombare, all’altezza del grande gluteo. Ne sono uscito frequentando un centro di postura, che ancora oggi molto dedica all’allungamento globale decompensato. Piano piano ne sono venuto a capo, non solo per l’attività di stretch praticata nel centro stesso ma anche per una serie di accorgimenti consigliati da svolgere appena dopo lo sforzo. Nel mio caso, il calcio.
Noto che l’allungamento, fin da subito, mi allevia la fatica e mi offre una sensazione di scarico a livello muscolare. Sono via via diventato più potente e meno soggetto ad infortuni, senza tralasciare una buona performance atletica. Da notare che ho 38 anni…
Ho portato questa mia esperienza anche all’interno della squadra di calcio, dove noto appunto una quasi avversione verso esercizi di allungamento. Però anche qui, a parte qualche situazione particolare e soggettiva dell’atleta, ho potuto constatare una quasi totale assenza di infortuni muscolari durante tutto l’arco dell’anno, per tre anni consecutivi. Con ottime performance a livello atletico, sia per quanto riguarda la resistenza che per l’esplosività e la rapidità.
Cosa di non poco conto se pensiamo al livello, basso, nel quale ci collochiamo.
Le basi del lavoro sono sempre le stesse. Sia per quanto riguarda il personale che per quanto riguarda il lavoro sviluppato con i ragazzi:
una buona resistenza data da un attento a approfondito lavoro “a secco”, sviluppo della forza in eccentrica estesa a tutto il corpo, esercizi di rapidità della sessione di rifinitura.
Al termine del lavoro stretch, attivo o passivo, della durata superiore ai 30″ per ogni set di gruppo muscolare…
Mi piacerebbe conoscere la sua opinione in merito.
Un saluto e grazie per l’attenzione,
Fabrizio
Vedo che hai la conoscenza e l’esperienza personale, determinante, per insegnare non solo calcio ma anche i mezzi della prevenzione per ottenere il meglio della prestazione fisica( ti do un consiglio aggiungi una educazione anche alimentare). Tutto quello che hai detto non contrasta con la nuova teoria sullo strech. perché riguarda solo il fatto che, dagli ultimi studi, è deleterio solo dopo uno sforzo massimale muscolare. Quindi anche durante l’allenamento e alla fine sarebbe meglio non farlo. Come prevenzione va benissimo.
Buongiorno mister,
Intanto la ringrazio per la risposta.
Credo di aver compreso il risultato degli ultimi studi in merito. Sicuramente andrò anche oltre ed approfondirò sicuramente la il tema.
Credo anche di capire che per “sforzo muscolare massimale” si intenda soprattutto un lavoro anaerobio, improntato sulla forza e non magari la classica partitella di allenamento.
Ricordo in merito quanto faceva il Parma di Nevio Scala a fine partita, somministrando ai suoi ragazzi una sorta di allenamento “di scarico”, al 20/30% del loro massimale, alla scopo di aiutare lo smaltimento dell’acido lattico, uno dei motivi per i quali, come dice lei, attualmente, vi è la tendenza a sviluppare lo stretch a fine allenamento.
Purtroppo, il livello con il quale ci confrontiamo noi ogni giorno non è alto e questo porta molto spesso la scarsa comprensione di queste attività da parte degli atleti. Insomma, ci auto-limitiamo…
Beh…qui si potrebbero aprire tante parentesi, soprattutto estese alle nuove generazioni e alla loro resistenza alla fatica…
Nelle mie risposte dovete sempre pensare che parlo da professionista e quindi gli allenamenti sono sempre di elevato livello agonistico. Comunque sarebbe sempre meglio fare “due” giri di campo defaticanti, con inclusi es. di mobilità articolare in scioltezza, che lo streching alla fine di ogni allenamento.
Fabrizio, a livello dilettantistico basso come dici tu, ho capito che se si vuole incidere un po sulla cultura sportiva, chi ha qualcosa da insegnare deve stare nel settore giovanile, perchè nelle prime squadre non c’è trippa per gatti.
Ciao Cristian,
sono pienamente d’accordo con te! Purtroppo è così, ne sto prendendo atto giorno dopo giorno.
Guardando avanti sono degli aspetti di cui terrò conto per nuove scelte future.
Salve Mister, sono curioso di sapere se lei attualmente ha eliminato il lavoro di stretching ai giocatori del Vicenza.E se si in che modo hanno reagito i giocatori??
Mister,forse le è sfuggita la mia domanda di qui sopra..
Non abbiamo mai eliminato lo stretching,lo abbiamo modificato nell’utilizzo. Quello che è stato scoperto è che alla fine di un’allenamento intenso non è utile perchè hai le fibre lesionate.
Quindi in sostanza non sarebbe utile nel post-allenamento?E nel riscaldamento invece è utile o dannoso?Inoltre volevo chiederle in che modo lei è il prof. Ambrosio avete modificato lo stretching?Quali sono le novità rispetto allo stretching tradizionale?
Dalle ultime scoperte sembra che non sia da fare quando il muscolo è affaticato. Noi usiamo da tempo lo stretching con la corda ma è difficile spiegarlo,mi sembra si chiami Warton(non sò se l’ho scritto giusto).
Grazie Mister.
Gent.mo Prof.
sono un pò disorientato da questi risultati che non riconoscono quel valore che si è sempre attribuito allo streching.
Ho assistito ad alcuni corsi di aggiornamento di Suoi colleghi(in particolare il Prof. Rovida) che in effetti confermano quanto riportato nel Suo articolo,ma la mia principale preoccupazione allenando nel settore giovanile -Juniores- è di non creare danni con pratiche sbagliate.Cosa mi consiglia?Grazie e complimenti per il blog.
Ho chiamato il Prof.e mi ha detto di dirti che c’è la via di mezzo,che va benissimo per i giovani,e si chiama ACTIVE-STRECHING e trovi informazioni facili ovunque.
Ma perchè quasi tutte le squadre di serie A continuano a fare stretching nel riscaldamento pre gara?
Ci vorrà del tempo prima che tutti vengano a sapere di questa scoperta e siccome male non fa non è un problema che lo facciano,in seguito probabilmente non lo faranno più.
Per prima cosa un grazia a mister Cagni e ai suoi collaboratori che intervengono in questo sito. Ho letto con interesse questo come tutti gli altri articoli e ora attendo un intervento sull’allungamento dinamico, indicato da più parti come adatto al ns sport, magari corredato da alcune Vs esercitazioni sul campo. Grazie.
L'”active stretching”, che utilizziamo ormai da anni con eccellenti risultati, consiste in una sequenza di movimenti di contrazione – rilassamento – allungamento ed è stata ideata da Jim Warthon. La facilitazione neuronale che segue alla contrazione di un muscolo agonista permette di allungare l’antagonista per una durata di circa 3 secondi.In questa situazione si esegue un allungamento dinamico con l’aiuto di una corda che, avvolta attorno ad un piede, costituisce una sorta di prolungamento degli arti superiori. Il ciclo di movimenti oltre che allungare permette un riscaldamento localizzato. Noi utilizziamo 4 esercizi ripetuti per dieci volte e per tre serie, prima degli allenamenti più impegnativi (es: martedì e mercoledì). Qualche giocatore, individualmente, li esegue prima della partita nello spogliatoio perchè è richiesta una posizione supina.
Ottimo, grazie mille, mi documento immediatamente!
In buona sostanza niente più stretching, né come riscaldamento pre-gara o pre-allenamento né al termine.
Tutto sta nel valore che si vuole attribuire alla ricerca scientifica. Sono stati pubblicati i risultati di indagini recenti ed attendibili (in termini statistici), ora bisogna riflettere se tenerne conto o proseguire come si era abituati in passato. E’ comunque difficile convincere un atleta che è abituato da una vita a comportarsi secondo determinati canoni a cambiare completamente abitudini perchè bisogna considerare anche un non trascurabile aspetto psicologico. Comunque nel libro già citato, esiste un capitolo interamente dedicato a queste problematiche con suggerimenti operativi.
Innanzitutto grazie per l’esposizione!!! Effettivamente avevo già sentito parlare della scarsa efficacia dello stretching nel riscaldamento pre-gara, ma noto che tutte le squadre dalla serie a al settore giovanile allungano la muscolatura prima di una partita. Per quale motivo? si mantiene un’abitudine per avere un alibi nel momento in cui si dovesse incorrere in un infortunio? Cosa si intende per stretching come utile componente aggiuntiva nel riscaldamento?
In parte ho già risposto all’amico Daniele. Per il settore giovanile vedrei gli esercizi di stretching come un mezzo di allenamento utile per conoscere meglio il proprio corpo, i limiti articolari, il concetto di detensione. Se sarà possibile esporrò in futuro alcune idee rispetto ai giovani che
mi stanno molto a cuore. Componente aggiuntiva vuol dire che lo stretching non è una priorità nella fase di riscaldamento, ma, se è utile ai fini della sicurezza psicologica dell’atleta e non farlo può determinare un motivo di preoccupazione, non esistono controindicazioni all’esecuzione di alcuni esercizi tradizionali.
Salve Alberto, potrebbe consigliarmi qualche libro a riguardo??Grazie